Lilla Consoni
Chi ha paura del lupo mannaro?
Da Miopia n.27, giugno 1996
La fiaba di Cappuccetto Rosso è notissima e misconosciuta ad un tempo, come molti altri racconti sul potere delle donne, che vengono ancora narrati, ma che, deturpati e svuotati, sono ormai mero intrattenimento, oppure - orrore!- allegoria moralistica.
Tuttavia i simboli riescono a parlare al nostro cuore, anche a tanti secoli di distanza.
Le fiabe hanno un loro linguaggio, che è lo stesso dei sogni e dell’inconscio: non lo dico io, lo diceva Fromm nel suo libro Il linguaggio dimenticato, una delle cose più atroci che abbia mai letto. Tanto per fare un esempio, il Nostro ha l’ardire di sostenere che il cappuccio rosso è un’allusione all’organo sessuale maschile (notoriamente incappucciato, ma... scarlatto?).
Fromm aveva comunque ragione rispetto alla lingua delle fiabe, solo che la chiave per decodificarla non è certo in mano ai maschi.
interessantissimo fare “lavoro di gruppo” leggendo una fiaba fra donne; vengono fuori le idee più bizzarre, le associazioni più imprevedibili... L’inconscio femminile è in azione e, se lo si lascia fare, arriva al nucleo della verità. Della serie: ridateci le nostre storie, e sentirete che campane!
Allora, diciamolo una volta per tutte: “Cappuccetto Rosso” non è la parabola di una sventatella, che si caccia nei guai per non aver dato retta alla mamma; non è, insomma, un raccontino escogitato per esortare le bimbe discole a credere e obbedire. E il Lupo Cattivo non è un lupo (tranquille, non mi ha dato di volta il cervello).
Andiamo con ordine. Innanzitutto, Cappuccetto Rosso è una ragazza che entra nella pubertà. Il colore del suo copricapo indica che ha già avuto le prime mestruazioni, cosa che viene confermata dai doni che reca nel paniere, destinati alla nonna: una bottiglia di vino rosso (!) e un dolce, non una “focaccia”, come ci hanno sempre raccontato. I fratelli Grimm, che pure hanno fatto a pezzi e ricucito a modo loro un patrimonio di storie di donne, conservano in Cappuccetto Rosso molte espressioni originarie, senza accorgersi (per nostra fortuna) dei messaggi in esse nascosti. Qui si parla di vino rosso e di “Kuchen” (“Dolce”, “Torta”), che rimanda a “Mutterkuchen” (letteralmente “dolce materno”), la placenta.
La nostra eroina, dunque, è in grado di mestruare e di dare la vita ad altre creature, sta entrando nel mondo adulto, è pronta per una iniziazione. Questo è il significato del suo viaggio dalla casa della madre a quello della nonna, passando per il bosco. È il caso di notare la triade: donna giovane (Cappuccetto Rosso) - donna matura (la madre) - donna anziana (la nonna). Le fasi lunari, le stagioni della vita, la Dea Triforme... siamo in pieno matriarcato! Il motivo del bosco ha una sua precisa valenza, essendo i boschi luoghi privilegiati dell’incontro con la Dea, con il divino. E la nonna vive “drinnen im Wald” (che è come dire “dentro nel bosco”), dove ci sono gli arbusti di nocciolo. Il nocciolo è una pianta importante nella tradizione celtica e in quella delle Donne Sagge: nella versione tedesca di “Cenerentola” un ramo di nocciolo piantato sulla tomba della madre fa da tramite fra questa e la figlioletta maltrattata dalla matrigna. La “nonna” sembra essere più che altro una Grande Madre dalla quale ci si reca in pellegrinaggio, o almeno una sua sacerdotessa (in molte lingue “nonna” si dice appunto “grande madre”). La sua abitazione si trova sotto tre querce. Anche la quercia è un albero fortemente simbolico, e nell’antichità presso i raggruppamenti di querce si tenevano cerimonie religiose e s’interrogava l’oracolo.
L’adolescente s’incammina, quindi, verso un luogo sacro, dove avrà un’esperienza mistica. La madre le ha raccomandato concentrazione assoluta, cosa che non stupisce, considerata la serietà del momento. A questo punto entra in scena il Lupo.
I lupi in natura, ci informa Judith Jannberg nel saggio “Cappuccetto Rosso vive oggi”, sono animali pacifici, che hanno imparato a stare alla larga dagli esseri umani. Il branco è organizzato secondo regole precise e severe: chi non le segue, viene scacciato. Il lupo solitario è aggressivo, anche perché da solo ha meno possibilità di procurarsi il cibo ed è costretto dalla fame ad avvicinarsi ai centri abitati. A volte, s’imbatte in altri lupi solitari, e allora nasce un branco di “disperati”, particolarmente pericoloso. Secondo la Jannberg, il Lupo della fiaba è proprio uno di questi ribelli, una sorta di Lupo Mannaro più che di Lupo Cattivo. È interessante osservare che, in tedesco, Lupo Mannaro si dice “Werwolf”, dove “Wer” sembra essere imparentato col latino “vir”, il maschio forte! Cappuccetto Rosso incontra un maschio che si è rivoltato contro la legge della Madre, e commette l’errore di entrare in relazione con lui, che le chiede, sornione: “che cos’hai sotto il grembiule?”. Non è solo un’allusione di tipo sessuale, è molto di più: è una domanda sul potere e sul sapere femminili. Il Lupo Mannaro (mistura di uomo e di animale) vuole carpire i segreti della Dea, e interroga la neofita sprovveduta, la quale finisce per rivelare dove si trova la dimora divina, il “sancta sanctorum”. Il Lupo va, e s’incorpora la divinità.
Questa fiaba è la storia di un’usurpazione, la storia del passaggio dalla religione matriarcale a quella patriarcale. Del tentativo di tale usurpazione. Perché c’è il lieto fine, che non è posticcio, bensì appartiene sin dall’inizio al racconto, come si vede dal linguaggio e dalla struttura. Dalla casa della nonna passa il “Cacciatore”, che non è per nulla un cacciatore, è un “Weidmann”, cioè un Guardiaboschi, una specie di guardiano del sacro, quindi. Un maschio non patriarcale! È lui a liberare nonna e nipote. Il Lupo muore.
Si conclude così una delle fiabe più antiche che ci siano state tramandate, una narrazione di donne per le donne, che dice: “Siate forti, fate la vostra strada, onorate la Dea, e non ne spifferate i sacri misteri al primo Lupo Mannaro che incontrate”.
Ciò significa anche: attenzione al confessionale, al divano dello psicanalista e al lettone matrimoniale. Vi siete mai chieste come fanno gli uomini a sapere tante cose sulle donne?
Lilla Consoni