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Lilla Consoni

Sapere il desiderio

Da Miopia n.33, febbraio 1999, numero monotematico
ETEROSESSUALITÀ TRA CRISI DEL PATRIARCATO E LIBERTÀ FEMMINILE


Illustrazione della fiaba Il pescatore e sua moglie
Un'illustrazione della fiaba.
(Link da images.amazon.com)

C’erano una volta un pescatore e sua moglie, che vivevano in un pitale (avete letto bene, N.d.A.).

Il pescatore trascorreva lunghe ore a pescare, ma nulla abboccava. Una volta, però, prese un rombo, che subito cominciò ad implorare: “Ti prego, lasciami andare, io non sono un vero pesce, ma un principe stregato”.

L’uomo lo rigettò in mare; il pesce lasciò dietro di sé una scia di sangue. Quando la moglie udì dell’accaduto rimproverò il marito: “Ma come, hai lasciato libero il Rombo senza chiedergli nulla in cambio, senza esprimere un desiderio?”.

Egli rispose che non ci aveva pensato, e allora lei lo rispedì indietro, dopo avergli suggerito un bel desiderio: una casetta.

Il pescatore, riluttante, si recò sulla riva del mare, dove chiamò il pesce: “Grosso rombo là nel mare, fino a me puoi tu nuotare? Una richiesta avrebbe mia moglie: son sue, non mie, le voglie...”.

Il pesce si affacciò: “Che richiesta?”

“Una casetta”.

“E’ già fatto. Torna da lei”. E l’uomo vide che, al posto del pitale, c’era adesso una bella casetta, ben arredata dentro, e con uno stagno, un orto e un giardino fuori.

“Bello, bello - disse - Adesso possiamo accontentarci”.

“Vedremo” replicò Ilsebill, sua moglie.

Dopo circa due settimane, la donna disse: “Beh, questo Principe qui poteva essere un po’ più generoso, non ti pare? Va’ a dirgli che voglio vivere in un castello”.

Il marito non voleva, ma alla fine cedette, e andò. Così ebbero il castello, con stalle, parco e servitori.

“Bello, bello - fece il pescatore - Adesso possiamo proprio accontentarci”.

Ma Ilsebill, la mattina dopo, ebbe una nuova idea : diventare Re (non Regina, si badi bene!). Il Rombo non può creare un re argomentò l’uomo, spaventato dall’audacia della moglie. Se può fare un castello, potrà fare anche un re, ribattè lei.

Così: “Grosso Rombo là nel mare... ecc.”, e Ilsebill divenne Re, con un palazzo tutto d’oro, il trono e lo scettro.

Il pescatore, giunto a casa, la contemplò, e disse: “Ti sta bene la tenuta di Re. Adesso possiamo proprio accontentarci”.

Ma, naturalmente, la donna non si accontentò, e diventò (con il solito sistema) Imperatore, cosa da lei ritenuta insufficiente dopo pochi minuti.

“Voglio essere Papa”, proclamò all’atterrito marito.

“Ma c’è un solo Papa, e il Rombo non può farti Papa.

“Se mi ha fatto Imperatore, può farmi Papa. Vai!”

Il pescatore andò, e, tornato, trovò un palazzo che sembrava un duomo, e Ilsebill seduta su un trono più alto dei precedenti, con in testa la triplice corona dei papi.

“Ti sta bene la tenuta di Papa. Più di questo non puoi diventare”. E andarono a letto. Ma, mentre lui dormiva della grossa, lei non poteva chiudere occhio: non riusciva ad immaginarsi il prossimo desiderio. La mattina, vedendo il sole sorgere, pensò: “Ah, se potessi far sorgere e tramontare il sole! Ilsebill espresse il desiderio di essere Dio, il pescatore rivolse tale richiesta al Rombo, e i due si ritrovarono nel pitale iniziale!

La fiaba, naturalmente, sembra suggerirci la solita lettura moralistico-sessista, con la donna avida che rovina il marito troppo remissivo. Ma siccome, come dice la saggezza Zen, (o era forse la mia amica Patrizia?), “non tutto il male è male, e non tutto il bene è bene”, dobbiamo far luce sulla “cattiveria” della moglie e sulla “bontà” del pescatore. Ilsebill è una figura a modo suo grandiosa, che sfida la norma e il buon senso comune. Diventa Papa, ma ciò non le impedisce di dormire nello stesso letto con il pescatore!

La sua avidità, che è certamente un tratto negativo, va vista nell’interrelazione con un uomo incapace di qualsiasi moto, di qualsiasi desiderio. Perché questo è il tema centrale della fiaba: il desiderare. Che, di per sè, è positivo, fecondo, vivificante. La capacità di immaginare una vita diversa, una via d’uscita, una soluzione ai propri problemi, è cosa buona e giusta. Persino il realismo socialista benedisse il sogno, “purché vada nella stessa direzione della realtà” (Pisarjev, o qualcuno di simile: ricordi della mia gioventù).

Più che di quantità (non desiderare troppo), è una questione di qualità (che cosa e come desiderare). Ingeborg Bachmann scrisse: “Nel gioco reciproco dell’Impossibile con il Possibile, allarghiamo le nostre possibilità”. Il pescatore e sua moglie, però, partono dal pitale, e rimangono sempre nell’ottica del pitale, cioè della miseria, dell’angustia e dell’emergenza. Nulla basta a chi si sente precario e in pericolo. L’orinale rappresenta, in questa fiaba, un rapporto povero e squallido; la struttura esterna riproduce quella interna, non visibile, della coppia! (Brutalmente: questa relazione è un cesso!).

Ilsebill lo vede, ne soffre, e prova a cambiare qualcosa, mentre il marito sostiene ad oltranza la difesa dello status quo. Caratteristica negativa di quest’uomo è il lasciar esprimere il desiderio alla compagna, per poi andarla ad accusare davanti al pesce: “E’ lei l’ingorda, io sono uno modesto, di poche pretese”.

Ad Ilsebill non dice mai: “Non sono d’accordo con te” (è, tra l’altro, pure vigliacco), ma tenta argomentazioni del tipo : “Il Rombo non è in grado di fare ciò”. In realtà, è pronto a godere dei vantaggi che l’ingordigia della moglie gli procura, ma non vuole assumersi nessuna responsabilità. Tanto meno lui intraprende e sogna, tanto più lei si lancia in un desiderare sfrenato: un gioco di coppia, appunto.

Verena Kast, nel libro “Donna e uomo nella fiaba” (1971), analizzando “Il pescatore e sua moglie”, racconta anche esperienze tratte dalle sue sedute terapeutiche. Questa, per esempio:

Due coniugi cinquantenni vengono da me per una terapia. Lui dichiara subito che lo fa perché è la moglie a volerlo.
Lei reagisce immediatamente; “Lo vede, è sempre così, non intraprende mai nulla, non desidera mai nulla, io devo sempre spingerlo, poi naturalmente sono io la cattiva... Ma lei non può immaginare quanto sia noioso il nostro matrimonio, senza interessi, senza desideri...”.
Chiedo allora al marito se sia davvero così. Risponde che, in realtà, qualche desiderio ce l’avrebbe pure lui, però uno dev’essere modesto e misurato.
Faccio alla coppia la seguente proposta: ognuno di loro dovrà esprimere ogni giorno un desiderio, che andrà possibilmente realizzato. La conseguenza di questo nuovo corso è che ambedue cominciano a trovare la vita più bella e interessante, ma... alla donna vengono in mente più desideri che all’uomo, e quest’ultimo ha una paura matta di ciò che lei potrebbe ancora volere.
Risultato: il marito si reprime e si limita (gli riesce sempre più difficile provare un desiderio non ha idee), nella speranza di tenere a freno la fantasia della moglie!

Questa piccola “storia vera”, che ben illustra la dinamica di coppia, ha molti punti di contatto con quella fiabesca del pescatore e di sua moglie. La Kast sostiene che “ogni nevrosi rimanda ad un problema archetipico, originario, cui bisogna dare la giusta attenzione”. Le fiabe ci forniscono tali archetipi, ci offrono la chiave di lettura dei nostri rapporti e dei nostri dolori.

Nella fiaba di cui ci stiamo occupando, un elemento essenziale è questo misterioso Rombo, questo Principe Stregato, che vive nel mare. Solo il pescatore gli può parlare, ma il loro primo contatto è “sanguinoso”; il pesce, probabilmente ferito dall’amo, lascia una scia di sangue sul fondo marino.

Evidentemente, siamo di fronte ad un problema “maschile” : il Rombo rappresenta qualcosa che il pescatore ha bandito e rimosso, una parte di quest’uomo inerte e piatto. Da notare: il rombo è un pesce piatto! Ecco la definizione che ne dà il dizionario Garzanti: Rombo = nome comune di alcuni pesci marini, affini alla sogliola, con corpo appiattito romboidale ed entrambi gli occhi sul lato sinistro.

Il Nostro quindi, se la passa proprio male: oltre ad essere schiacciato, guarda solo da una parte!

Se il problema risiede essenzialmente - come detto sopra - nel maschile, ciò non significa che non riguardi anche il femminile: stiamo parlando di una coppia eterosessuale, e del loro gioco interattivo. Secondo la Kast, l’errore di entrambi (Ilsebill e il pescatore) è di non chiedere al Rombo come possono fare a liberarlo dall’incantesimo. In tutte le fiabe in cui s’incontra un animale stregato, infatti, è d’uopo che l’Eroina (o l’Eroe) si adoperi per la sua liberazione; la ricompensa (matrimonio o patrimonio) viene dopo le prove di coraggio della/del protagonista, e dopo la trasformazione della bestia in essere umano. Nella nostra fiaba, il Rombo rimane pesce, nessun processo viene avviato, nessuna trasmutazione avverrà; il tragico ritorno al pitale è prevedibile e scontato.

Prima di essere fraintesa: Verena Kast non sostiene che, se gli uomini restano animali, la colpa è delle donne. Si tratta, piuttosto, di non farsi complici di un sistema basato sui soldi e sul potere (come invece fa Ilsebill, che arriva addirittura ai vertici di questo sistema), e di puntare su altri valori: la liberazione del Rombo? A voi la risposta.

Io, intanto, devo darmela a gambe, perché le mie amiche separatiste mi stanno già inseguendo al grido di “Traditrice!” e “Lascia che i Principi Stregati si liberino da soli!”; qualcuna urla: “Guarda che Ilsebill ha abbandonato il pescatore da solo nel pitale; se proprio ci tieni, puoi andare a farli compagnia!".

Lilla Consoni

1) Tra gli altri, Per uscire dalla paura e dalla simbiosi (1982), Conflitti familiari nelle fiabe (1984), La fiaba come terapia (1986), Il salto creativo (1987), Gioia, ispirazione, speranza (1991 ), La migliore amica (1992 ).
Ho citato parecchi titoli perché mi pare che già essi, di per sé, parlino delle tematiche care alla Kast, e suggeriscano, nel contempo, la cifra forte e positiva della sua visione.

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