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Elena Fogarolo

Invidiare le lesbiche?

Imparare l’amore per le donne

Miopia n.22, dicembre 1994


 

Scrive Alessandra Bocchetti su Via Dogana di Luglio/Ottobre 1994:

«Certo, che gli uomini siano nemici delle donne e della loro libertà è un senso che ci viene subito incontro, a guardare le cose come stanno. Ma fermarsi a questo senso non c’è guadagno. Intanto a smentirlo, da una parte c’è il fatto che non tutti gli uomini sono nemici delle donne, dall’altra, c’è l’amore delle donne per gli uomini. Sentimento che un certo pensiero femminista vive come irritante e umiliante. Sentimento tuttavia che c’è, e che devo interrogare, se voglio saperne di più del senso di stare al mondo di una donna. Sentimento che devo interrogare, finché non ne riuscirò a cavare qualcosa per me, qualcosa che riesca a dirmi con maggiore verità. E l’amore che le donne portano agli uomini, se riesco a guardarlo, mi porta un senso ampio di stare al mondo».

(illustrazione da Miopia n.22)

Queste parole possono causare dolore, come un brusco risveglio. Tornare con la mente all’amore per gli uomini può risultare importuno o - volendo usare il termine di Bocchetti - irritante. Non sarà comunque inutile ricordare che Alessandra Bocchetti molto ha operato e scritto nel senso dell’amore per le donne: l’intervento citato ha un’angolatura particolare, in quanto polemizza con l’articolo di Maria Anna Rosei apparso su Via Dogana n.16.

L’irritazione, il fastidio è causato da una voglia di fantasticare che prevale sul pensiero realistico? O questo fastidio può essere indice di altro? Certo, è vero: le donne amano gli uomini. Ed è anche vero che questa capacità di amare è una ricchezza del mondo. Ma la maggior parte delle donne ama troppo gli uomini. Investe troppo in loro. Perché alle donne, più che ad amare, si insegna ad idolatrare gli uomini (è significativo, per esempio, che un libro divulgativo come Donne che amano troppo continui ad essere venduto e ristampato).

Il richiamo all’amore delle donne per gli uomini può dunque risultare irritante. Come può esserlo una pubblicità di vestiti: ci vestiamo, certamente, come tutti noi bipedi implumi, ma l’attenzione che le donne devono dare all’abbigliamento è eccessiva e fuorviante, distruttiva.

Rimanere nel terreno dell’amore degli uomini, come in quello dei vestiti, sarebbe per molte anche facile. Molte donne hanno infatti imparato a conoscere questi territori, si sanno difendere, sanno trarne - anche senza essere delle Claudia Schiffer - numerosi vantaggi.

Ma quello che cercano, non viene loro dato né dagli uomini né dai vestiti.

Le donne hanno nostalgia delle donne. Se alcune questa nostalgia l’hanno narcotizzata, c’è comunque una quantità di donne che non sono mai riuscite a nascondersi il bisogno lacerante del proprio sesso; che non si sono mai rassegnate al fatto che in quanto donne non dovrebbero amare le donne, ma disprezzarle, criticarle, sminuirle.

Questa passione per il proprio sesso può essere chiamata lesbismo. Ma quanto più le donne che amano sessualmente le donne si espongono e dicono la propria esperienza, tanto più diventa chiaro che l’amore di molte donne per le donne non è propriamente lesbismo.

Negli ultimi anni ho conosciuto diverse lesbiche, militanti e no, e questa parola mi è diventata sempre più inadeguata per significare il mio amore per le donne. Eppure, restituita alle lesbiche la loro storia e la loro identità, mi soffermo a guardarle: infatti per ora esse rappresentano ciò che c’è di più vicino alla mia idea di amore per il femminile.

 

Perché noi, le non lesbiche, siamo così tenacemente frigide l’una verso l’altra? Perché ci aspettiamo dalle altre aiuti per sopravvivere, ma mai schiarite per vivere? Perché la donna che mi si dice amica e con cui siamo state ore a parlare, letteralmente si accende appena arriva un maschio?

Anche se condivido le osservazioni di Alessandra Bocchetti, sono tra quelle che vogliono pensare a questo difficile amore per le donne piuttosto che a quello - più facile - per gli uomini. Facile, almeno, per molte. Ma trasmissibile? A cosa servirebbe dire ad una ragazza: “non pensare all’amore per i maschi, pensa ad altro, l’amore allora verrà in modo più naturale, sarai più forte e più libera e più autentica?”. Non servirebbe assolutamente a nulla, verrebbe solo suggerito un comportamento irrealizzabile. Qualcuno si ama sempre.

Se alcune di noi non hanno pensato all’amore per gli uomini, e questo le ha colte quasi di sorpresa, senza che ci avessero fatto prima tanti ricami sopra, è perché il cuore non voleva lasciare il mondo delle donne, non voleva rassegnarsi all’insignificanza femminile. Ma il cuore non era comunque vuoto.

Se vogliamo trasmettere qualcosa alle giovani donne, inclusa una vera sapienza nei rapporti con i maschi, non possiamo che sviluppare l’amore per le donne. Radicate in questo, le giovani potranno fare il salto senza distruggersi.

Questo amore per il nostro sesso è stato fortemente avversato fino all’altro ieri: certo, adesso ci riuniamo - ora nella casa di una ora in quella dell’altra - andiamo insieme in pizzeria o in una città lontana a sentire un’oratrice, facciamo insieme gite e vacanze... ma da quanti anni questo ci è possibile? E per quante donne nel mondo questo non è ancora possibile?

Prima che iniziasse l’attuale mutamento antropologico, le donne che avessero condiviso compagnia e tempo con altre donne, sarebbero state chiamate snaturate verso i figli, sciattone verso la casa, fedifraghe verso i mariti, i quali, non dimentichiamolo, avevano non solo il costume ma anche la legge dalla loro parte se per toglierci questa perniciosa abitudine ci avessero voluto picchiare. Natalia Ginzburg fa dire a Barbara, nella commedia Fragole e panna:

«Mi ha dato uno schiaffo. S’è raccolta subito un po’ di gente. Lui ha detto: “È mia moglie. Posso batterla quanto voglio, perché è mia moglie”» (1).

Un po’ di decenni o di secoli prima, ci avrebbero bruciate, affogate o, se ci andava bene, immerse nell’acqua o messo una museruola che ci ferisse la lingua. Controllare la parola delle donne, ah! La famosa lingua femminile! Ancora oggi, in un consiglio di classe, come è facile che una ragazza brillante ed assertiva venga bollata come chiacchierona e impicciona!

Impedire la trasmissione del sapere femminile, non era l’idea maligna di un singolo prete o di un bigotto isolato: tutta la società era orientata in modo che le donne non sapessero: di sé, delle altre, di quelle morte...

Basta ripassare un po’ la storia, vedere quanto sono poco lontani nel tempo gli impedimenti che ci bloccavano nella ricerca e quindi nell’amore comune, per far passare qualche paturnia temporanea, per capire perché è così difficile questo amore...

Difficile ma necessario: molte donne su questo amore per il proprio sesso vogliono concentrarsi, e pazienza se pare che ciò le distolga dall’amore per i maschi. E poi sono problemi che spesso ci andiamo proprio ad inventare: i maschi sono paghi - se c’è - del nostro amore. Perché allora dovremmo star lì a far le vestali ad oltranza e non richieste?

 

Bocchetti ci richiama all’esistenza e all’importanza dell’amore delle donne per gli uomini. Aggiungerei che c’è anche un amore maschile per le donne, anche se fatica ad avere un nome e un senso sociale.

E molte sono le donne che, pur senza essere molto belle, hanno rapporti molto intensi con gli uomini. In altre parole ci sono molti uomini innamorati di donne che - in base a canoni stabiliti non si sa da chi - non dovrebbero essere nemmeno carine, e invece secondo i loro amanti sono bellissime. Come dice Siusi Blady: se gli uomini non sanno neanche cos’è la cellulite, perché cavolo dovremmo andare a dirglielo noi?

Ecco, questi uomini molto innamorati, influenzati dalle donne che amano, la società li lascia in pace, purché stiano zitti. Forse bisognerebbe che questi uomini uscissero fuori, facessero opinione. Ma è compito delle donne questo? Alle lettrici e ai lettori la parola.

Elena Fogarolo

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