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Elena Fogarolo

L’incredulità di Cassandra

A proposito di una moderna, antica ragazza

Da Miopia n.26, dicembre 1995. Illustrazione aggiornata.

Clitennestra uccide Cassandra<br>Pittura vascolare greca
Clitennestra uccide Cassandra
Pittura vascolare greca

Per dire di un uomo politico che predice disastri, si usa spesso l’espressione “è una Cassandra”, declinato anche al plurale “le solite Cassandre”. Più completo: “Cassandra profetessa di sventura”.

I profeti di sventura, maschi, nella tradizione ebraica son quelli che prevedevano la caduta prossima del loro popolo, e perciò lo incitavano a pentirsi e cambiare modo di vivere, pena la punizione di Dio.

La storia di Cassandra è tutt’altra. Riceve il dono della profezia da Apollo, ma non ripaga il dio, rifiutando di accoppiarsi con lui. Apollo, per punire Cassandra, completa il suo dono con una postilla crudele: “predirai sempre il vero, ma non sarai creduta da nessuno”.

I profeti di sventura ebraici si muovono nel solco di una tradizione. Il destino di Cassandra è invece del tutto solitario.

Che a Cassandra sia dato in sorte di vivere prima della caduta di Troia, è sicuramente importante, ma non è centrale nella sua storia. Se non viene creduta, non è per il fatto che profetizza la sconfitta troiana, ma perché un dio ha stabilito che non sarebbe mai stata creduta. Cassandra, con l’aggravarsi della situazione bellica e politica della sua città, viene a trovarsi in una posizione sempre più insostenibile; in un periodo di pace non avrebbe avuto simili tremendi segreti nel cuore.

Ma torniamo all’inizio della vicenda, quando Cassandra rifiuta il Dio. Evidentemente fa questo rifiuto perché vuole un altro incontro, una vita segnata in altro modo. Forse è una seguace di Artemide, e vuole restare vergine.

Delle diverse versioni del mito, nessuna dice che Cassandra si sia confidata con qualcuna. Che abbia chiesto consiglio. Il mito ci tramanda quindi una ragazza straordinariamente attuale, che decide da sola cose tanto alte e non ha nessuno, o crede di non avere nessuno, cui chiedere aiuto. Sua madre Ecuba, ci dicono sempre i miti, è una semidea. Ma in questa coppia madre figlia c’è la stessa scissione che riscontriamo in altre coppie similari: Pasife e Arianna, Demetra e Persefone. C’è silenzio, impotenza, conflitto. E anche Cassandra, come altre eroine, decide da sola. Non acconsente al Dio, e si perde.

Ma mentre Arianna, Persefone, Medea, dopo uno smarrimento giovanile trovano il proprio posto nel mondo, non c’è catarsi, non c’è soluzione per Cassandra, che si sgola per decenni a dire parole cui nessuno crede, per poi avere una misera fine: preda di guerra e concubina di Agamennone, viene massacrata insieme a lui da Clitennestra, la moglie furiosa di gelosia.

Cassandra, più che un’eroina, ci appare come un ritratto realistico di donna: sempre rivolta nel pensiero a ciò che fanno i maschi (la guerra, in questo caso), sempre tesa a forzare la voce per essere udita, finisce per essere solo dolente spettatrice prima, vittima poi. La sua esperienza con Apollo è lasciata a mezzo: e che sia rimasta così, è la riprova che Cassandra è sola, che non ha confidenti. La vita femminile è cosparsa di queste mezze esperienze, mezze illuminazioni, mezzi entusiasmi e pochissima efficacia, appena si lasci il solco delle tradizioni.

L’insistenza di Cassandra, il suo querulo pretendere di essere ascoltata malgrado la sua evidente - per gli altri - inattendibilità, il suo essere sopportata perché figlia del re, ci rimanda a figure di ragazze che abbiamo incontrato, e che forse abbiamo anche incarnato.

Certo è possibile a un essere umano, nella dimensione del mito, rifiutare un dio. Ma un dio va rifiutato con grandezza. Non gli si può dire no grazie, mica mi piaci, ti vorrei più biondo ecc., come se in questione fosse un normale ragazzo.

Cassandra aveva altri disegni su se stessa, non era preparata all’incontro con Apollo. Dopo l’incontro, continua a tenersi stretta il senso del suo antico io: deve mutare, ma non le riesce. Profetessa, userà a perdifiato le sue doti di preveggenza, riflettendo poco o nulla sul secondo, oscuro regalo di Apollo: “nessuno ti crederà mai”.

Cassandra è la prima a non credere a se stessa, questo mi pare il senso più terribile della punizione divina. Nessuno vuol dire nessuno, quindi neanche la stessa Cassandra crederà alle proprie parole. Forzata ad aiutare gli altri per compassione, per bisogno di contare, e anche per sopravvivere, svolge il suo compito diligentemente, ossessivamente, ma senza scatti di coscienza.

E’ una figura plumbea, questa principessa troiana. Non c’è salvezza in lei perché, appunto, non c’è mutamento. Cassandra non vuole, non può soffermarsi sull’oscurità, sul lato tremendo della sua esperienza.

I profeti di sventura della tradizione ebraica, che vengono spesso accomunati a questa principessa troiana, hanno - come sopra accennato - una storia tutta diversa: essi credono in se stessi, credono nel loro rapporto con Dio. E infatti dopo l’esperienza di questo rapporto mutano vita, aspetto, tutto insomma. Il loro popolo forse non crede alle loro parole, ma essi sono saldi nell’adempimento del compito.

In Cassandra si può anche vedere l’ennesima vicenda di una antica divinità pre-ellenica costretta a piegarsi ai greci vittoriosi, e che dopo l’umiliazione perde potere. Probabilmente in origine la storia di Cassandra significava proprio questo. Ma mentre usualmente è l’aspetto più antico delle dee e delle eroine a risultarmi più succoso, di Cassandra mi sembra più interessante la versione tarda, quella cantata dai poeti.

Cassandra ha perso tutte le sue caratteristiche divine, senza diventare banale: la sua storia diventa emblematica dell’attuale condizione delle donne, del loro non essere mai credute/ascoltate se -fuori di casa, nella polis- parlano di questioni politiche.

Cassandra, audace e coraggiosa, ha nella giovinezza esperienze impreviste, diverse, che potrebbero fare di lei una donna “altra” rispetto alla principessina viziata che è. Come quasi tutte noi, si ferma a mezzo: coltiva il proprio mito personale per darsi valore nel segreto delle fantasie, e insiste in un linguaggio socialmente insignificante per non riconoscere il suo scacco. Il destino di donna tradizionale, che aveva rifiutato, le sarà poi scaraventato addosso nella maniera più spregevole e ambigua: bottino di guerra, è ridotta al ruolo di schiava sessuale, preziosa perché figlia dello sconfitto Priamo. Cassandra poteva diventare l’amante di un dio; è dovuta diventare la concubina del nemico.

La storia di Cassandra può essere letta in infiniti modi: tolto l’incontro con il dio e altre anticaglie che vanno contro il nostro modo di sentire, se ne può ricavare il ritratto di una donna singolare, aspra anche nelle sue dolcezze, volitiva, ribelle. Come l’eroina di Christa Wolf. Ma qui ho preferito insistere sulla versione tradizionale, versione che mi sembra molto fertile. Cassandra è la ragazza ribelle, la ragazza che dice no ad un destino femminile tradizionale ma che, avuta la possibilità dell’eccezionale, non sa come gestirlo, e finisce quindi con il dire no anche all’eccezionalità.

Elena Fogarolo

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