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Lidia Menapace

I segreti delle bambine cattive

Da Miopia n.33, febbraio 1999, numero monotematico ETEROSESSUALITÀ TRA CRISI DEL PATRIARCATO E LIBERTÀ FEMMINILE


 

Una breve premessa sull’uso dei termini: la “crisi del patriarcato” è cosa troppo impegnativa per essere messa a fondamento di quanto dirò. Inoltre non lego le forme della sessualità direttamente al dominio patriarcale, dato che culture del tutto patriarcali praticano sessualità molto differenziate, basti pensare all’omosessualità nell’Islam o nella Grecia antica o in Roma. Sono comunque incline a pensare che il patriarcato stia passando una fase di dominio bruto, non più di egemonia. Ma è un processo molto variegato sul pianeta e in ogni modo la tendenza a ristabilire egemonia mi pare ancora forte.

Per quanto mi riguarda del resto, ritengo che in ambito culturale cristiano o ebraico-cristiano il massimo di influenza patriarcale si noti nell’obbligo di scegliere una forma e una sola di sessualità. Si è quasi obbligati ad essere etero perché ciò giova alla riproduzione e a stabilire una necessità di rapporto con l’uomo; ma si può anche ammettere che esistano omosessuali, forse malati, forse deviati, si può avere tolleranza per loro; si può ammettere che una persona desideri mutare sesso; si concede che una donna possa non volere rapporti col maschio: ciò che non si è disposti ad accettare è che si ignorino i confini, si voglia essere sessuati/sessuate a tutti gli effetti. La strada di comprensione più proficua a me sembra invece proprio quella di chi ritiene che qualsiasi fissità di comportamenti, sia quelli etero che quelli omo, riveli una sorta di dipendenza, “obbediente” o “trasgressiva”, dal patriarcato, mentre la sessualità sperimentata in tutte le sue forme mi sembra una avventura di maggiore libertà e creatività.

Invero, se si esamina la storia di ciascuno-ciascuna di noi e la letteratura di iniziazione, si scopre che è promiscua o omo, che una esperienza auto - ed omo - sessuale è di fatto compresa nella prima scoperta del piacere. A scopo procreativo o di mantenimento si praticano anche altre scelte rispondenti ai propri desideri.

Vorrei perciò indagare gli inizi, il risveglio, quella che chiamo iniziazione sessuale spontanea, scoperta, non riti di iniziazione che vi si sovrappongono e di solito con un tremendo timbro violento, sia le gare pericolose e le prove cruente che debbono fornire i giovani maschi per essere ammessi nella società degli adulti, sia le orrende mutilazioni cui sono assoggettate in alcune aree le ragazze ancora impuberi, come per inaridire nella loro vita la stessa idea del piacere e di una sessualità autonoma e non di risposta. Né sono convinta che certe mutilazioni psicologiche operate dalla sessuofobia di origine religiosa siano meno tenaci. Né mi nascondo il carattere di rito di iniziazione violenta e brutale che il servizio militare ha per i giovani maschi dei paesi “evoluti”. La ragione per cui l’eterosessualità è spesso definita un ossequio al patriarcato credo sia in questi aspetti di subordinazione, più che nella relazione tra i sessi.

Ancora quando ero piccola io, le prime curiosità e scoperte tra le bambine avvenivano casualmente in movimenti anche involontari che finivano per far scoprire la masturbazione e in scoperte del corpo e delle sue zone erogene tra bambine, poi ciò veniva raccontato alle altre dalle bambine “cattive”; nelle amicizie “particolari”, molto sconsigliate, soprattutto dalle suore, e tra le suore. Ricordo le estati nei solai, nelle accaldate e polverose e buie soffitte dove le bambine si toccavano, si scoprivano, si denudavano e travestivano con abiti trovati nei bauli, leggevano le ingiallite lettere d’amore di qualche parente, in un’atmosfera eccitata e libera, straniata e certo però non ignorata dagli adulti. Allora le forme di scoperta della sessualità erano insieme celate e note, una specie di riconoscimento di luoghi non citati e di esperienze non raccontate, ma sapute. La perdita di quegli spazi, ballatoi, cortili, soffitte, rimesse, ripostigli, è triste. Tutto diventa più difficile, non vi sono luoghi nascosti, complici, segreti, un po’ morbosi. E’ vero che ragazzi e ragazze hanno comportamenti molto meno censurati e che nelle stazioni e sui treni del pendolarismo scolastico e lavorativo gli atteggiamenti di confidenza ed erotici sono molto più liberi ed espansivi di un tempo, però di fatto vengono consentite, sotto gli occhi di una generazione adulta volutamente distratta-repressiva, solo espansioni etero.

Un luogo per scoperte di sessualità autoerotica ed omoerotica non è più riconosciuto e sotto questo profilo le forme apparentemente libere, ma non per caso dette permissive, stanno sotto il segno di una voluta unica scelta, secondo gli imperativi della religione. Sicché una scoperta che poteva anche essere in seguito cancellata, rimossa, modificata, ma reale, avviene - credo - oggi in forme più segrete e incerte. Persino il coinvolgimento di adulti in alcune scoperte erotiche è oggi messa subito sotto il terribile segno e nome di pedofilia, e non si ammette neppure che tra adulti e ragazzi, adulte e ragazze possa esistere qualche esperienza erotica dolce, nonviolenta e piacevole. Se è vero che la casa antica, con stanze meno divise e segnate dalle funzioni consentiva una conoscenza più precoce dei fatti della vita, oggi persino la casa, con i suoi rigidi e stretti spazi destinati al giorno e alla notte, con camere e servizi chiusi e riservati, non favorisce più quel tanto di incerto avventuroso imprevedibile che era nell’iniziazione sessuale, anche solo alcuni decenni fa. E non mi riferisco alla conoscenza della riproduzione, detta impropriamente “educazione o informazione sessuale” (su questa infatti bambini e bambine sanno precocemente molto più di quanto noi ci raccontavamo in segreto e fantasiosamente, temendo che un bacio o sedersi dove era stato un maschio potesse farci restare incinte, la grande paura), ma proprio ai meccanismi del piacere e alle sensazioni e alle relazioni. Tutta la letteratura fino al secolo scorso e alla metà del nostro narra di scoperte di sé e di altro da sé che oggi non hanno più racconto: la brutalità della “realizzazione”, una sorta di “efficienza di mercato” fanno sì che la fretta e il coito diventino quasi il tutto della sessualità. Non stupisce perciò che l’eterosessualità di consumo sia la forma più diffusa e noiosa. Credo che a ciò sia dovuto il lamentato calo della libido e la ricerca di pillole per riaccenderla.

Mi piace attribuire il citato impoverimento a varie circostanze, non al patriarcato, forma culturale astratta. C’entra un dominio più penetrante (è proprio la metafora giusta) della morale religiosa, quello del mercato, quello della produttività capitalistica, la trasformazione del tempo in orario e la perdita del diritto all’ozio e alla contemplazione. La trasformazione dello spazio in posto e l’obbligo di rispettare ruoli e luoghi per le varie distinte funzioni. Che si parli dì fine dell’arte mi pare la logica conclusione della scomparsa della sessualità, di cui l’arte è sublimazione o espressione.

Non è tanto il comando di praticare una sola forma della sessualità, oppure la difficile ammissione di qualche altra (come una volta i culti ammessi, o la tolleranza, che non sono la libertà religiosa), quanto la negazione della scoperta, della fantasia, dell’inutilità, del consumo di tempo, della non realizzazione, la complessa vicenda attraverso la quale scopriamo sensazioni sensi sentimenti piaceri gusti forme le più varie di rapporto, conoscenza, amicizia, affetto, amicizia amorosa, rapporto erotico - intellettuale, piacere estetico. Come si fa a volere che ciò diventi materia di insegnamento, programma, legge? E’ noto che al piacere fa capo il capriccio il desiderio il gioco, ciò che non ha norma. Non per nulla la repressione sessuale e la rigidità dei comportamenti (anche nelle forme omosessuali di destra, negli eserciti collegi conventi seminari luoghi unisex) è una delle forme simboliche più potenti della repressione sociale e la mollezza dei costumi, l’incertezza delle relazioni, l’ambiguità dei linguaggi sono invece la forma stessa della libertà piacevole, quella di chi vive, non di chi fa il filosofo stoico o il martire dell’idea.

Non voglio con ciò dire che non si debbano dare informazioni sulla riproduzione umana: si tratta di cognizioni non differenti da quelle sull’alimentazione e sulla salute. Ma bisogna ben guardarsi dal far credere che ciò sia la sessualità. Sono per l’appunto nozioni sulla riproduzione e di igiene sessuale, cose utili ma un po’ noiose: far credere che la sessualità sia come si fanno i bambini e come non si prende l’AIDS è una ben misera noiosa e deprimente idea di sesso, non stupisce più di tanto che l’unica trasgressione diffusa e divampante sia la prostituzione col suo carico di dolore fretta solitudine violenza sfruttamento. Quanto meglio l’avventura, la scoperta, l’ambiguità dei cammini. Certo: bisogna avere tempo...

Lidia Menapace

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