Elena Fogarolo
Se i bambini non toccano terra
Estratto da Miopia n.36, dicembre 2000, numero monotematico ETEROSESSUALITÀ TRA CRISI DEL PATRIARCATO E LIBERTÀ FEMMINILE
Mentre facevo la coda in un panificio, una bambina mi ha salutata dalla strada con uno slancio così travolgente da farla quasi cadere dal passeggino su cui era issata. Chi le avrò ricordato? Quali chimere, quali giochi di luce l’avranno accesa? Domande, queste, che mi sono fatta dopo: al momento ho risposto con gioia immediata al suo saluto, non “come se” ci amassimo appassionatamente, ma amandoci di pura passione.
Attenti alle meteoriti!
La pedofilia, nell’aspetto sadico e violento che oggi mette in allarme, è senza dubbio di segno totalmente maschile. Ma anche nella reazione alla pedofilia sembra prevalere un segno maschile. Pensiamo per esempio all’episodio che ha portato alle dimissioni di Gad Lerner dal TG1: di fronte al fatto che certe immagini di bambini seviziati erano apparse in TV, c’è stata una reazione maschile viscerale, che può risultare sorprendente, visto il carico normale di immagini violentissime che vengono “tranquillamente” trasmesse, per esempio, in relazione a episodi di guerra e di criminalità. Tale reazione si presta a tante interpretazioni, non esclusa la seguente: “Le donne non devono sapere che cosa possono arrivare a fare gli uomini”.
Le donne che si sono espresse su quel servizio del TG1 hanno mostrato molto più equilibrio. Per esempio Isabella Bossi Fedrigotti, che ne ha scritto sul Corriere, ha manifestato sconcerto e angoscia per una realtà orribile che non conosceva: rifletteva su quello che aveva visto, non chiedeva la testa dell’ambasciatore che portava la notizia.
Lo stile dell’allarme-pedofilia rivela come esso emani da persone che non si sono mai occupate della cura di bambini, e che di bambini sanno ben poco. (Si dovrebbe ancora premettere che chi “va a caccia” di siti pedofili su Internet per passione personale - senza essere cioè un poliziotto stipendiato per un compito specifico - è difficile pensarlo come un santo: è più plausibile pensarlo come un povero diavolo che conduce una crociata privata alla ricerca dei suoi stessi fantasmi, ma la sua crociata influenza, e come, il delirio massmediatico).
L’allarme-pedofilia ha dato la stura a varie enormità. E’ stato proposto di mettere in cattedra, davanti a bambini di sei anni, poliziotti che spieghino il pericolo dei pedofili. A un livello mentale meno delirante, si è proposto di incaricare, invece dei poliziotti, una figura di “maestra amica” (come se per il resto del tempo fosse una nemica). La “maestra amica” dovrebbe mettere in guardia i bambini dai pedofili, ad onta del fatto ormai notorio (e che qualche giornalista ha il buon senso di ricordare ogni tanto) che i bambini sono vittime di pedofilia e violenze quasi sempre in famiglia, ad opera di parenti e conoscenti, e quasi mai “per strada”, ad opera di estranei. Sarebbe come insegnare ai bambini a camminare per strada con la testa per aria, attenti al pericolo delle meteoriti invece che alle automobili.
Piccoli orsi
Il fenomeno-pedofilia (e il “rumore” particolare che ha sollevato) implica questioni complesse, sollecita una serie di interrogativi che qui sarà possibile solo abbozzare in parte, e senza alcuna pretesa di trarre conclusioni definitive.
Cominciamo col porci questa semplice domanda: Perché i maschi adulti sembrano oggi occuparsi molto dei bambini, contrariamente a quanto avveniva nel passato?
Una prima risposta (prima e incompleta, vista la complessità dell’argomento) è che negli ultimi decenni la vita dei bambini è molto cambiata, e sono quindi cambiati i bambini. E, oso dire, in meglio (1).
Perché i bambini stanno meglio rispetto a una-due generazioni fa? Proviamo a dirlo in modo molto riassuntivo. I bambini godono di più amore materno. La madre non è più costretta a gravidanze continue, per cui i bambini di oggi crescono in una cucciolata che segue un ritmo biologico più simile a quello delle altre mammifere. I bambini non sono più scalzati dalle cure materne dalla nascita a ripetizione di altri fratelli. La contraccezione consente un rapporto con i figli più in accordo con l’istinto. (Nelle culture amerinde, in cui il rapporto con la sacralità della natura era un cardine spirituale, la grande cura posta nel controllo delle nascite si accompagnava a un grande rispetto per i bambini, un rispetto che comincia solo ora farsi strada nella nostra cultura)
I bambini stanno meglio perché, almeno in tendenza, non sono più maltrattati. Il precetto biblico “guai al padre che risparmia la frusta” non vale più. Picchiare i bambini non è più la norma, ma è qualcosa socialmente riprovato. Gli adulti - anche i maschi - sono sempre più indotti a interagire amorosamente con i figli. L’estro femminile è più rispettato, aumenta l’autorità materna e i bambini sono sempre meno immolati dalle madri ai rigori arbitrari dell’autorità maritale-paterna (2).
I bambini vivono meglio, sono meglio curati e di conseguenza sono anche diventati gradevoli. Con l’avvento dei pannolini sono diventati piacevoli da maneggiare. Sono puliti, profumano di buono, e non c’è rischio di incidenti di pipì o popò. Chi è nata/o prima dell’avvento dei pannolini moderni, può ricordare come i padri maneggiassero per un istante i figli tenendoli con le mani ad una certa distanza dal proprio corpo. I più amorosi arrivavano a mettersi un asciugamano sul braccio sopra la manica della giacca, per depositarvi il bambino pulito.
Poteva accadere che anche questi brevi contatti fossero rovinati da una pisciatina o peggio ancora da un po’ di diarrea, così che il padre irritatissimo consegnava il figlio bagnato o anche puzzone alla madre, si toglieva la giacca con qualche imprecazione e la moglie madre doveva provvedere, se non c’erano domestiche, a pulire velocemente. Anche le donne non erano tanto propense ai contatti; poniamo una zia in visita, vestita con gli abiti buoni: si guardava bene dallo sbracciolare un moccioso!
I bambini di oggi sono in genere sani. Vengono portati con regolarità dal pediatra, alimentati bene per qualità e quantità, piccoli difetti vengono curati subito, basti pensare al labbro leporino. Gli antibiotici rimediano a tutta una serie di malattie, peraltro prevenute da condizioni igieniche enormemente migliorate.
Una anziana intelligente signora è solita misurare il benessere dell’intera nazione sullo stato di salute dei bambini del suo piccolo paese natio. Ci torna una volta all’anno. E racconta: «Fino agli anni Cinquanta suppergiù, i bambini erano sporchi, malati, cisposi, e le mosche gli davano addosso. Adesso quando torno vedo solo bambini sani e bellissimi...». Ho sentito anche altri anziani valutare lucidamente il cambiamento dei rapporti genitori-figli rispetto alla loro esperienza: un miglioramento giudicato incommensurabile.
Come se gli argomenti riportati sopra non bastassero, ecco esplodere il fatto - del tutto nuovo - di una moda per bambini colorata, divertente: una zona franca dove gli adulti - maschi inclusi - possono tuffarsi in un mondo di animali e di colori allegri. Una nuova atmosfera di agio, di rilassamento e di divertimento i cui intervengono ormai anche i padri: le nuove tecnologie non solo assicurano igiene e pulizia, vestiti pratici e coccoli, ma propongono anche nuovi oggetti, che mediano tra gli schemi virili tradizionali e l’emergente voglia di tenerezza; vedi, per esempio, certi accattivanti (e costosi) modelli di “passeggini fuori strada”.
Calzando scarponcioni, pantaloncini gonfi con risvolto, giacconcini imbottiti, i bambini sembrano degli orsi, dei cuccioli della foresta. Questo vestiario accentua le caratteristiche infantili. Molti studi di etologia hanno da tempo mostrato come la forma del muso e del corpo dei cuccioli inibisca l’aggressività degli adulti e ispiri sentimenti di protezione: nella specie umana c’è lo stesso istinto, e gli abiti che la mamma sceglie aumentano l’aspetto cucciolo del bambino, lo rendono più attraente agli occhi degli adulti.
Una nuova appetibilità
La creatura del tutto mutata che è il bambino, vive con quella creatura del tutto mutata che è una donna. Per i bambini, via le fasce che lo imprigionavano, i completini rosa e celeste, i colori sbiaditi. Per le donne, via un abbigliamento castigato e castigante, e spazio ad un vestire che lascia libero il corpo. Gonne corte e gambe libere, reggiseni non sempre, ma se sì in genere leggeri.
Le madri e i bambini, confinati prima fra pezze puzzolenti, biancheria da lavare con grande fatica, in alcune regioni chiusi in casa per tutto l’inverno, escono ora nel mondo pieni di vita, entrambi in una stagione gioiosa che per il cucciolo è la primavera, per la madre la gloria dell’estate.
Belli entrambi, e liberi. E seducenti di una seduzione prepatriarcale, fiduciosa, innocente, che deve essere poi rapportata ad una comunità più vasta e regolata da altre complesse dinamiche.
Anche il bambino dunque è diventato, se si può dir così, appetibile. Si tratta di una vera novità culturale. In Guerra e pace il conte Nicola dice che i bambini piccoli sono come “pezzi di carne”. I maschi adulti hanno pensato più o meno così fino a pochi anni fa. La morbilità e mortalità infantile, le gravidanze indesiderate, la scarsa igiene erano tra i fattori che allontanavano gli uomini dai bambini. Oggi invece non sono solo i poeti a sapere la variegata bellezza dei bambini. I bambini sono diventati preziosi.
Si è detto sopra di una seduttività prepatriarcale che va rapportata alla società ampia. E’ dagli schemi sociali patriarcali che prende corpo il fenomeno della pedofilia nella sua forma attuale. Un maschio è abituato per cultura a prendere quel che gli piace, quel che è bello. Davanti a questi nuovi bambini bellissimi, questi incredibili esseri commoventi, sorge - anche nei maschi adulti - uno struggimento che alcuni connotano subito come desiderio sessuale. Perché per molti maschi - in una gamma emozionale compressa e depauperata su cui molto è già stato scritto - il desiderio sessuale è quasi sinonimo di desiderio (cfr. l’articolo di Beppe Pavan nelle pagine seguenti*).
Come le ragazze negli abiti leggeri, morbidi, espongono una femminilità che prima veniva segregata nelle case, così i bambini, analogamente, esprimono una cucciolosità (è indicativo che non esista una parola adeguata per indicare lo stato infantile) di animali esotici, che abitano tra noi come un dono del cielo.
Imparare a godere della bellezza senza strapparla, prenderla, gridare “è mia”, è un problema maschile: imparare a tener ferme le mani e a non leggere ossessivamente i richiami delle altre creature come richiami sessuali. Un caso limite: l’uomo che ha ucciso la piccola tunisina a Imperia ha cercato il consenso dei maschi che lo hanno catturato dicendo: “era così bella!”. Ha raccontato che, stanco di prostituirsi ad uomini, aveva bisogno “di un rapporto normale”. Con una bambina di cinque anni! Una femmina comunque, una femmina bella. Vivace e libera con la sua biciclettina davanti a casa, a tiro di voce della mamma.
La bunkerizzazione dei bambini
Ho espresso più sopra l’opinione per cui la vita dei bambini in Occidente è sostanzialmente migliorata. Tuttavia non si possono negare anche alcune perdite, in particolare quelle che riguardano il rapporto dei bambini con l’ambiente circostante. A prescindere dall’allarme pedofilia, è infatti in atto da anni una progressiva “bunkerizzazione” dei bambini. Se c’è una rinascita “vittoriosa” del binomio madre/figlia-o, belli, attraenti, sensuali, il paesaggio è tuttavia cambiato: non ci sono più i bambini. Sono spariti dalla scena.
Più che nelle metropoli, dove il traffico aveva reso da tempo rari i passanti “del tipo lento”, gli innamorati, i romantici gustatori del tramonto, è in campagna che si tocca maggiormente la bunkerizzazione dei bambini.
I giardini delle case sono in genere deserti, non parliamo delle strade. Se non sono a casa davanti alla TV, i bambini sono in palestra, allo stadio; ma quel tastare la terra, quelle ore passate a giocare da soli o in piccoli gruppi, quei silenzi e quelle grida infantili, non ci sono più. Tutto un giocare che veniva realmente dai millenni passati, che si faceva all’angolo di casa, su uno slargo, su un sagrato, che era musica e danza, lotta e pacificazione, competizione e collaborazione, e lo scalone, il gioco della corda, il nascondino, le conte “ambarabaccicciccoccò tre civette sul comò undi dinci trinci quaraquarinci un-fran-ces...”, è tutto sparito. A volte, girando lentamente in auto per le strade di campagna, deserte anche in piena estate, sembra di essere dei sopravvissuti a una guerra nucleare.
Certo i bambini hanno i loro amici, i genitori li portano a casa dell’uno o dell’altro, ma non c’è più quella spaziosità per cui entra lo sconosciuto con una nuova conta, una variante di un gioco una filastrocca in un altro dialetto...
I bambini, come i detenuti, vengono trasportati in auto da un luogo protetto a un altro: casa-scuola e viceversa, casa-amichetta/o, casa-nonni ecc. Si potrebbe dire che, come tendenza, vengono traghettati da una casa-isola a una scuola-isola, attraversano in auto o in scuolabus il mondo procelloso e pericoloso degli estranei e quasi non toccano terra(3).
I bambini nel mondo
Un aspetto drammatico dei due assassinii di bambine, ricordati sopra, sta proprio nel fatto che sono stati commessi in due zone dove i bambini non erano stati ancora “bunkerizzati”: c’erano due bambine felici, esuberanti, che si muovevano liberamente in un raro contesto ancora “umano”, paesano o di quartiere, dove i piccoli vivono “a tiro di voce” dei familiari, e non sono state ammazzate da “estranei”, dai fantomatici pedofili, ma da un vicino in un caso, e da una banda di ragazzetti più o meno conosciuti dalla vittima nell’altro.
Che succederà ora? I bambini, che già stavano troppo chiusi in casa, staranno in casa ancora di più?
La propaganda “antipedofila” aggrava i problemi del rapporto dei bambini con il mondo.
Diventa un dilemma di coscienza se rispondere o no al saluto di un bambino. Vedi madri messe in ansia, condizionate da fantasmi massmediali, guardarti con sospetto. Un sorriso, un’attenzione a un bambino da parte di una donna suscitano apprensione, allarme; figuriamoci da parte di un uomo. In nome di un rischio remoto, molto più remoto di un incidente stradale, viene tabuizzato lo scambio del bambino/a con l’estranea/o: con il mondo, appunto. E sia il mondo sia i bambini rischiano di essere molto impoveriti in tutti i sensi.
La nostra vita è costellata di brevi incontri e/o conoscenze con bambine e bambini del tutto estranei. Spesso incuriosiscono, sì, i figli dei conoscenti e dei parenti, si ascoltano le loro avventure e piace, se è possibile, vederli e seguirli. Ma la scintilla di interesse reciproco, che scocca a volte con un bambino estraneo, appartiene a una dimensione diversa, ed è parte del sale della vita. Questa dimensione riguarda le donne ma anche gli uomini, ed esprime un bisogno universale.
La madre che allontana
L’allarme maschile sulla pedofilia ha voluto prendere il posto dell’istinto, della sapienza delle madri.
I giornali parlavano dei bambini, e - come si è detto - ci si accorgeva che, chi scriveva, di bambini non sapeva nulla.
Le madri non hanno bisogno che qualcuno vada a dire loro che c’è il pericolo dei pedofili, insistendo sul misterioso fattore Internet per darsi più potere.
Che ci sono pericoli, fuori casa, le mamme lo hanno sempre saputo.
Anche le mamme non umane lo sanno. Ma pericoli o non pericoli, non c’è alternativa: il figlio deve staccarsi dalla mamma, dalla casa, deve mescolarsi comunque ai suoi contemporanei.
Ogni giorno, una madre affronta il dilemma: “lo tengo a casa o lo mando fuori? Fuori da solo, così piccolo? Ma io alla sua età... se lo tengo sempre in casa con me, ne farò un povero scemo”.
E poi la decisione: “che vada fuori! Che vada anche a morire se deve!”. Una mamma pensa agli incidenti stradali più che ai pedofili. Pensa che forse prenderà freddo in piscina se non si asciugherà bene i capelli... Ma poi: “che vada! Deve andare!”.
Certo, pensieri così netti sono raramente espressi a voce alta. Ma è evidente da molti indizi, echi, accenni, che molte madri (tutte?) li fanno tra sè e sè. Ci sono anche delle povere donne che perdono il bandolo della comprensione di se stesse e del mondo, ridotte in uno stato di perenne ansia, sempre appiccicate alla loro creatura, che assalgono l’interlocutrice raccontando tutte le minacce possibili e immaginabili che incombono sul bambino... eccetto la disgrazia di una madre che non lascia respirare suo figlio.
Elena Fogarolo
*) L’articolo di Beppe Pavan sopra citato (Aiuto, sono un eterosessuale), è pubblicato negli Archivi online, Esperienze, Marzo 2016.
1) Continua ad essere sottolineato il lato negativo del cambiamento nella vita infantile: vedi i soliti lamenti sui “poveri bambini” costretti a tenere in tasca le chiavi di casa, perché se dovessero suonare il campanello non ci sarebbe nessuno ad accoglierli, anche la mamma è al lavoro ecc. A ben vedere, sono discorsi ispirati non da una vera preoccupazione per i bambini, ma dalla volontà di stigmatizzare un comportamento femminile nuovo, considerato deleterio per la felicità familiare.
2) Su tutti questi argomenti cfr. La conta delle lacrime, supplemento a Miopia n. 34, Sett. 1999.
3) Il motorino, voluto da ragazzi e ragazze di tutti i temperamenti, è un modo di impadronirsi del territorio, di andare finalmente oltre una condizione alienante di individui sempre trasportati da altri. Del resto, la frustrazione dei bambini che, dal finestrino di un auto, cercano di capire come è fatta una città e, a causa dei sensi unici, non ci riescono, è esperienza diffusa. Il bambino è contento di ragionare con un adulto sulla pianta topografica della città.