torna a ....

Lidia Menapace

Grumi d’inchiostro

Da Miopia n.38, settebre 2001 - Numero monotematico CUORI DI CARTA

“Leggere scrivere e far di conto”, questa locuzione indica il corredo minimo di accesso alla cultura, in area scolarizzata e di trasmissione organizzata: la mia infanzia ne è stata dominata, quando ancora non era infrequente incontrare persone che non sapevano leggere e dovevano tenere tutto a mente, poiché mancava loro quello strumento utilissimo a scaricare la memoria, che è l’indicazione scritta, l’appunto, la lettera e via dicendo.

Dico però talora che a furia di usare sistemi di scrittura digitali, dalla macchina per scrivere meccanica a quella elettrica ai sistemi di scrittura elettronici e al computer, sto avendo una specie di analfabetismo di ritorno nella scrittura manuale, penna matita biro: appena ho scritto manualmente un indirizzo e “cordiali saluti” su una cartolina mi sta già venendo il crampo dello scrivano, in effetti l’esercizio di una manualità fine come è la scrittura manuale si va sempre più rarefacendo e le persone che si innervosiscono della penna perché la macchina è più veloce, non ha bisogno di attenzione perché correggere è facile pulito immediato sono tante. Sta svanendo la grafia personale, sostituita da una digitalizzazione veloce che dà come risultato una scrittura molto elegante e precisa, anche se un po’ più anonima di quella manuale. Però vedo che ciascuno/a di noi alla fine riesce a personalizzare anche la scrittura elettronica con giustezze caratteri fregi diversificati e alla portata di chiunque.

Insomma come sempre qualcosa si guadagna e qualcosa si perde. Si è persa la favolosa memoria degli analfabeti e si sono guadagnate intere biblioteche a soccorso della nostra, più fallibile memoria e del resto non capiente all’infinito; si è perso il profumo e il timbro della scrittura personale, ma credo che ben presto tecnici di scrittura, moderni grafologi riusciranno a riconoscere i caratteri delle persone persino nella pagina che sembra uguale e perfetta e impersonale.

Questo per lo scrivere, ma il leggere? Non esce definitivamente vulnerato da un universo virtuale ma visibile, che sembra più reale e non ha bisogno della mediazione molto sofisticata e astratta del simbolo scritto e pronunciato verbalmente o mentalmente nella lettura? Credo di no.

La scrittura è fatta per essere letta ed è la prima grande operazione sul reale per comprenderlo, capirlo, trasmetterlo. Noi non ci rendiamo più conto che operazione mentale sofisticata complessa mediata e astratta sia stata l’invenzione della scrittura-lettura, l’una non va senza l’altra e ambedue significano che il comunicare il parlare il trasmettere attraverso segni è cosa che si può dire connaturata alla specie umana. Più esatto dire che ne segna la storia e il destino forse più di qualsiasi altra invenzione. In un primo momento e per molti e molti secoli tale esercizio era così raro e sottratto ai più e a tutte, al punto che è stato sempre una delle componenti più precise del potere: ne erano esclusi infatti i poveri i contadini i semplici sudditi e anche i re e in pratica tutte le donne. I chierici, che erano spesso preti ne erano i depositari e possessori più significativi, dagli Egizi al medioevo europeo (non so di altre aree geografiche, ma penso ugualmente, basta ricordare i mandarini) e il loro potere non per caso è stato sempre legato al possesso della scrittura-lettura: fino al divieto di leggere l’Antico testamento senza avere come mediatore e interprete il prete capace di leggere scrivere e spiegare autorevolmente, fino ad escludere le donne che non hanno bisogno di sapere. Vale anche in area rabbinica e coranica. Le tre grandi religioni monoteiste così rilevanti nella formazione della cultura nel mondo non hanno ammesso per lungo tempo, ancora non ammettono spontaneamente l’accesso delle donne al potere del leggere e scrivere.

La scolarizzazione di massa avvenuta in Europa nel corso del secolo XVIII e XIX e poi culminata nel XX con l’obbligo scolastico generale e via via protratto fino a mettere al riparo dall’analfabetismo di ritorno tutti e tutte è una delle tappe rilevantissime dell’accesso delle donne alle professioni alla politica alla ricchezza alla cultura anche direttamente prodotta e trasmessa. Non sarebbe possibile il femminismo senza scrittura e lettura.

Può la trasmissione elettronica colpire tutto ciò? In parte può distogliere dal leggere col fornire dati peraltro scritti e quindi da leggere in forma riassuntiva ed enciclopedica. Tuttavia appena dopo qualche momento di infatuazione ci si accorge che la posta elettronica è un enorme passo avanti nella comunicazione veloce economica e diffusa e non per niente sta sostituendo il fax che aveva avuto lo stesso effetto; ma anche che Internet ha limiti molto più evidenti. E non si può tacere del telefono cellulare. La sua vorticosa diffusione ha del patologico e infatti nei treni si sente spesso l’annuncio che il suo uso deve essere limitato ai corridoi e piattaforme e che negli scompartimenti e vetture può essere usato se non disturba gli altri viaggiatori. Sicché è considerato fastidioso e lo è. Ma si diffonde l’uso dei messaggi scritti su telefono cellulare e quindi di nuovo la lettura diventa un mezzo di comunicazione quotidiano veloce economico e diffuso.

Ma veniamo a Internet. Bambini e bambine lo usano già molto e anche gli e le adulte non poco. Tuttavia a me pare che – a parte l’enorme mole di dati che può mettere a disposizione in qualità appunto di banca dati – mostri evidenti limiti e povertà. E come per le agenzie di stampa è importante sapere chi possiede la fonte, è vero anche per Internet. D’altra parte è vero che aprire un sito è cosa che in pratica quasi chiunque può fare (il che non è delle agenzie) vagliando e arricchendo quantità e qualità dei dati disponibili. Internet non mi pare destinato a soppiantare la lettura. A me è già capitato che i miei nipotini ai quali ho spesso regalato cose elettroniche mi abbiano chiesto di nuovo libri, perché il piacere della lettura con i suoi tempi rallentati, con la possibilità di rileggere ripetere e tornare su ciò che si è letto, provocando il colloquio con se stessi, la raccolta e sottolineatura di passaggi che stanno a cuore non sembra sostituibile.

Se è vero dunque che qualcosa si guadagna e qualcosa si perde, forse stiamo perdendo una consuetudine del leggere che stava diffondendosi persino nei treni e autobus: lì i telefonini davvero prendono un posto soverchiante, non senza insofferenze da parte di molti e molte. Si sta imponendo un galateo per il quale non si può tenere acceso il telefonino in chiesa nei seminari di studio nelle assemblee nei dibattiti in treno nelle biblioteche e a mio parere anche a scuola. D’altronde a parte i libri di scuola o le dispense universitarie che vengono letti anche in treno sul bus e ovunque per motivi del tutto utilitaristici, le letture da treno o le conversazioni ferroviarie non sono quasi mai tanto sublimi da far pensare che le chiacchiere cellulari ne siano un sostituto molto degenere. Sono per lo più della stessa qualità.

Anche le riedizioni economiche di quasi tutti i classici letterari, di poesia filosofia e scienze, che occupano le edicole delle stazioni e i banchi dei supermercati e adesso anche numerosi bar, significano che le persone dedite a letture anche non facili sono numerose, altrimenti quel mercato non si reggerebbe. Invece resiste bene, anche di fronte all’assalto fastidioso della editoria irrazionalista borsistica e porno, la quale ultima sì mi pare destinata a cadere presto, non senza aver fatto danni di volgarità quasi incancellabili. Ho persino paura che se insistiamo con le lamentele possa diventare tutta semiclandestina, cioè rifugiarsi nelle chat lines di Internet. Lì davvero la triste solitudine del messaggio virtuale, gli inviti delittuosi al consumo di carne fresca e spesso anche quasi bambina è minacciosa. Qualcosa bisogna fare e non so pensare di meglio che diffondere il disgusto, che invero è la componente della formazione della personalità che queste cose più offendono.

Fatti approssimativamente tutti i bilanci, a me non sembra di dover riverniciare il vittorughiano ceci tuera cela(1), cioè che la invenzione della stampa ucciderà l’architettura delle cattedrali, addirittura Notre Dame: del resto fu una previsione che non ebbe successo.

Lidia Menapace

1) Frase di Victor Hugo: “Questo ucciderà quello”.

torna a ....