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Clementina Rabuffetti

La medicina della dea

Da Miopia n.31, marzo 1998: numero monotematico intitolato “IL DIO, LA DEA”

Clementina Rabuffetti è omeopata ed esercita in Berlino, anche con pubblico di lingua italiana.     (Berliner Str. 140, 10715 Berlin–Wilmersdorf - Telefono (0049)030-7813904

Fin da bambina mi sono interessata di cure e guarigione. Ho cominciato curando le ferite di gatti e cani, i graffi di mio fratello e studiando le croste che si formavano regolarmente sui miei tagli. Più tardi ho studiato medicina, cercando qualcosa che andasse al di là dei medicinali di sintesi. Il sapere che ho trovato all’università mi ha portato ad abbandonare lo studio per cercare altre vie. E così ho conosciuto l’alimentazione naturale, la fitoterapia, l’iridologia, l’omeopatia, gli aromi, il digiuno e una serie di discipline alternative. Sono diventata naturopata, cercando una medicina che non fosse “contro”, ma “per”, che avesse una visione dinamica dei processi di guarigione, che identificasse e curasse le radici della malattia, senza sopprimere né aggredire. Nell’omeopatia classica ho trovato quello che cercavo.

I principi base dell’omeopatia hanno origini antichissime. L’idea di guarire usando il simile (la regola base dell’omeopatia dice: “Il simile cura il simile”) è nata in tempi in cui l’umanità viveva secondo le leggi della natura e in contatto con la parte più profonda di sè. Non sappiamo molto di quei tempi lontani, ma le informazioni che ci vengono dai ritrovamenti archeologici e il sapere nascosto in tradizioni e usanze ci danno un’idea della vita di allora. I ritmi naturali, i cicli biologici e una vita nel rispetto della Grande Madre influenzavano anche le pratiche di cura e guarigione: importante non era la lotta contro la malattia, né l’accettazione fatalistica della polarità salute-malattia, ma il sapere antico dei ritmi, la spirale delle trasformazioni, l’aspetto dinamico della guarigione. Questo sapere veniva trasmesso oralmente; lo stesso avveniva per la telepatia, l’uso dei cristalli, le energie della terra. In diversi scritti antichi troviamo tracce della legge dei simili: nei Veda indiani, nel Vecchio Testamento, nelle opere di Ippocrate e Paracelso, ma se ne parla in maniera appena accennata, senza sottolinearlo troppo. Perché? In origine tutti potevano capire le basi di questo pensiero, ma quando dei popoli guerrieri seminomadi conquistarono e distrussero le culture matriarcali in senso lato (per esempio i Dori che calarono in Grecia più di mille anni prima di Cristo o il popolo che conquistò Malta nel terzo millennio avanti Cristo), quel sapere divenne segreto, riservato agli iniziati per proteggere chi lo praticava ed evitare abusi.

Il potere ha sempre cercato di impadronirsi di queste informazioni e per farlo ha ucciso e torturato. La caccia alle streghe, per esempio, è da collegarsi in gran parte a un tentativo del genere. Le guaritrici, le ostetriche, le vecchie sagge sono morte anche perché erano depositarie di conoscenze che facevano gola al potere.

Alla fine del 1600 non c’erano più streghe nell’Europa occidentale, ma il loro sapere non era morto; continuò a vivere nascosto e custodito con cura, finché venne il momento di rimettere insieme le tracce dell’antica saggezza in forma “moderna” e di renderle accessibili a molti. Il medico tedesco Samuel Hahnemann (1755-1843), deluso dalle pratiche mediche del suo tempo, fu il primo a dare a questo sapere una forma sistematica, lo chiamò “omeopatia” e si impegnò tutta la vita per la sua diffusione. Fu anche il primo che fece i cosiddetti “provings” secondo criteri scientifici. Durante un proving un individuo sano assume regolarmente una sostanza che provocherà dei sintomi sul piano fisico, emozionale e mentale. Tutti i sintomi vengono messi per iscritto. Per esempio, se si prende della belladonna a dosi abbastanza alte, osserviamo tra l’altro le seguenti manifestazioni: le pupille si dilatano, le mucose diventano molto secche, il sangue va alla testa; il viso si fa rosso e caldo, i piedi sono gelati, e così via. La lista dei sintomi che si manifestano sul piano fisico, emozionale e mentale ci darà il quadro del rimedio.

Questo quadro si ottiene sempre facendo il proving a individui sani, l’omeopatia non fa esperimenti sui malati né sugli animali. Studiando i quadri dei diversi rimedi l’omeopata cerca il farmaco adatto a un malato. Se qualcuno per esempio avrà la febbre con un inizio improvviso, pupille dilatate, mucose secche, testa bollente e piedi gelati, gli daremo della belladonna, ma non in forma pura.

Il rimedio omeopatico, per essere tale, deve essere diluito e dinamizzato secondo certe regole, con un processo che lo renda capace di agire a livello profondo, in maniera nettamente superiore alla sostanza puramente vegetale, minerale o animale. Dati questi presupposti, non si prescriverà a seconda della diagnosi clinica, ma in base ai sintomi individuali di un malato, e si darà un solo rimedio per volta e non una mistura di diversi rimedi; non si darà quindi una medicina “contro” i disturbi, ma il “simile”, cioè il rimedio che, dato ad un individuo sano provoca i sintomi che ritroviamo nel malato. Il simile non agirà contro la malattia, ma attiverà le forze di autoregolazione e di autoguarigione, di modo che il malato guarisca secondo i suoi ritmi e le esigenze del suo organismo.

Questa visione accetta l’individualità, la soggettività dei disturbi, non si serve di diagnosi cliniche, né di medicine “contro”. E questo permette lo sviluppo del processo di guarigione in una forma dinamica, che non sopprime i sintomi ma cura veramente. Duecento anni di pratica omeopatica documentata dimostrano che l’omeopatia classica è in grado di guarire anche le malattie più gravi, se praticata secondo le regole. La medicina accademica al contrario cerca una diagnosi, un’etichetta per definire i disturbi e a questo scopo ha creato una “macchina” diagnostica enorme, complicata e dispendiosa, ma purtroppo non sa curare, sa usare solo dei “killer”, con un dispendio finanziario ancora più grosso che per la diagnosi. Il principio è uccidere: uccidere i batteri, i virus, le cellule tumorali, bloccare la febbre, impedire le malattie infantili (vedi vaccini), negare persino la morte, anche quando è ora di accoglierla. Il farmaco allopatico 1 ottiene due risultati: da un lato provoca una serie di effetti collaterali (malattie da farmaci), dall’altro blocca le difese e le reazioni naturali dell’organismo, sopprimendo dei sintomi. Il farmaco omeopatico cura, e questo avviene velocemente, se i disturbi sono acuti, lentamente, se sono cronici.

L’omeopatia è non solo una filosofia, una visione di vita, ma anche una grossa chance per curare le malattie croniche, quelle che col passare degli anni possono solo aggravarsi. E’ una possibilità reale di trovare salute, equilibrio, gioia di vivere, con l’aiuto di un piccolo Simile.

Clementina Rabuffetti

1) Allopatici sono tutti i farmaci di sintesi, chimici.

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