Clementina Rabuffetti
Il parto: roba da donne
Da Miopia n.34, Luglio 1999 - Numero monotematico intitolato “Relazioni femminili”
Clementina Rabuffetti è omeopata ed esercita in Berlino, anche con pubblico di lingua italiana. (Berliner Str. 140, 10715 Berlin–Wilmersdorf - Telefono (0049)030-7813904
Per secoli sono state le donne ad aiutare le donne durante il parto; la nascita di un bambino era un avvenimento in cui i legami familiari o di amicizia si rinsaldavano, era un’occasione per dimostrare disponibilità, solidarietà, presenza. Poi sono arrivati gli uomini, i medici, che hanno cacciato ostetriche, mamme,nonne e vicine di casa, hanno preso il posto delle donne sagge e introdotto nuovi rituali e nuove norme.
Nella seconda meta del 18° secolo i precursori dei ginecologi visitavano le donne a occhi bendati, operavano con le mani che tastavano alla cieca sotto a un lenzuolo di decenza, le donne dovevano partorire completamente vestite; veniva considerato indecente che il medico vedesse la donna nuda o seminuda, cosi ci voleva poco per finire al cimitero grazie al lenzuolo di decenza.
Intorno al 1800 il mondo della ginecologia era diviso in due. Da una parte Osiander, docente universitario a Gottinga, che sosteneva il parto “veloce” con l’aiuto del forcipe. La sua scuola creò una miriade di bambini cerebrolesi. Dall'altra Baer, docente a Vienna, che sosteneva il contrario ed era favorevole al parto naturale.
Sommelweiss, professore di ostetricia a Vienna intorno alla metà del 19° secolo, arrivò a capire che la febbre puerperale si trasmette per contatto con strumenti e mani contaminate. Allora i medici usavano cominciare la giornata in sale di anatomia, sezionando cadaveri, poi, senza prendere particolari misure igieniche, andavano in corsia a visitare le donne che avevano partorito da poco. Risultato: la febbre puerperale riempiva i cimiteri.
Sommelweiss capì l’importanza dell’igiene e introdusse severe misure di disinfezione per le mani e per gli strumenti; nel suo reparto non si moriva così facilmente. Ma il mondo scientifico non lo prese sul serio, lo criticò e lo ostacolò in tutto. Sommelweiss morì povero e pazzo in ospedale psichiatrico. Non voglio terrorizzare nessuna donna incinta, né creare paure immotivate. Racconto questi episodi perché aiutano a spiegare la paura del parto che ormai è entrata nelle nostre cellule, non solo nella nostra memoria. Il parto in mano ai medici ha portato una serie di cambiamenti: la data e l’orario della nascita, la frequenza di interventi non naturali, la posizione della donna che deve partorire. Nelle culture “femminili”, presso i popoli “non civilizzati” e fino all’invenzione dei ginecologi si partoriva accovacciate, sedute, semisdraiate, in piedi, in ginocchio, ma mai completamente distese sulla schiena e legate!
A questo proposito mi viene in mente il destino delle scrofe negli allevamenti moderni (quelli finanziati dalla Comunità Europea, per intenderci). Perché possano allattare 24 ore su 24 vengono legate a terra; meglio non pensare a quanto può essere sano e felice un animale in quelle condizioni.
Prendiamo interventi come il cesareo o l’estrazione con la ventosa. Spesso non sono necessari, ma i giovani medici che si specializzano in ginecologia nella RFT devono eseguire 270 operazioni, di cui 120 in sala parto. Anche questo spiega l’alto numero di nascite che non si svolgono in maniera naturale. Con questo non voglio dire che il cesareo o l’estrazione con la ventosa non siano una benedizione in casi gravi.
Con la memoria di certe storie da museo degli orrori e il desiderio di riscoprire il processo naturale della nascita, molte donne si augurano di poter partorire in modo più sereno, sentendosi rispettate, capite e sostenute. E chi può essere adatto più di un’altra donna a svolgere questo compito?
Penso che sia importante poter decidere liberamente dove e con chi partorire, in che modo, in che posizione, in quale atmosfera.
Clementina Rabuffetti