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Gastone Redetti

L’amore di Lancillotto

Da Miopia n.7, novembre 1990
(Titolo originale: Il segreto di Lancillotto)

[Un’eccellente sintesi del ciclo arturiano si può trovare ne’ I romanzi della Tavola Rotonda a cura di Jacques Boulanger (trad. it. di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini), Arnoldo Mondadori Editore, 1981 - Librairie Plon, 1922. Ora disponibile in ebook per tutti gli e-reader, Euro 6,99.]

Tutti noi conosciamo qualcosa delle storie di re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda, magari attraverso qualcuna delle tante trasposizioni filmiche.

Per meglio inquadrare le note che seguono, centrate sul mito di Lancillotto, uno degli eroi del ciclo arturiano, sarà opportuno ricordare il nucleo narrativo essenziale di queste antiche leggende, fiorite per opera di diversi autori nel corso del secolo XII.

La tavola rotonda e il sacro Graal
La tavola rotonda e il sacro Graal

Artù, figlio incognito del defunto re di Inghilterra, e ignaro egli stesso della sua regale ascendenza, assurge al trono avendo per caso estratto la magica spada conficcata in una certa incudine: "chi riesce a estrarre questa spada è il legittimo re di Inghilterra", secondo la profetica scritta incisa sulla spada stessa. Una volta restaurato il potere regio e celebrate le nozze tra Artù e Ginevra, figlia del re che possiede la Tavola Rotonda, Merlino, il grande mago che prevede il futuro e sa influire profondamente sugli avvenimenti, rivela al re Artù la grande missione che lo attende: fondare un ordine di cavalieri votati alla ricerca del Graal, il mitico calice in cui Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue di Cristo. I cavalieri saranno centocinquanta e si riuniranno attorno alla Tavola Rotonda, che simboleggia ad un tempo la perfezione del cerchio e l’equaglianza di grado che deve regnare tra i cavalieri dell’Ordine.

Da questo nucleo originario furono sviluppati romanzi in cui i singoli cavalieri sono di volta in volta protagonisti: Tristano, Lancillotto, Parsifal... che vediamo coinvolti nelle più svariate peripezie, più o meno connesse nella cristiana ricerca del Graal ma sempre intrise di avvincenti avventure, di complessi rapporti d’amore, di mitiche tristezze e grandiose follie.

Cavaliere, regina e dame
Cavaliere, regina e dame

Ginevra (la Regina, la Dama), ha spesso un ruolo di primo piano in questi romanzi cortesi, dal momento che tutti i cavalieri le sono grandemente devoti e pronti ad agire secondo i suoi desideri. Nel romanzo di Lancillotto Ginevra ha un posto particolare, perché non solo questo cavaliere ama la regina, ma ne è riamato.

Lancillotto non è il più grande dei cavalieri della Tavola Rotonda. Dopo di lui, ricorda a più riprese la storia, verrà uno più grande, e sarà vergine, e sarà lui il perfetto eroe cristiano che compirà l’opera. Dal punto di vista cristiano, Lancillotto è dunque un eroe insufficiente.

Eppure la sua figura è, tra i cavalieri del ciclo Bretone, la più amata, quella psicologicamente prevalente. Qual’è il segreto di questa prevalenza?

Lancillotto spicca per la potenza e per il valore guerresco; nell’uso delle armi è così eccellente che viene regolarmente riconosciuto quando giostra e duella in incognito. Ma non è questo il segreto.

Anche i suoi compagni infatti sono valorosi: molti gli sono pari nel coraggio, e alcuni - come Galvano - gli sono superiori per doti di introversa intelligenza e per finezza morale. Nessuno gli è inferiore nell’onore, nel rispetto della parola data, nella devozione alla Dama ché il codice è egualmente vincolante per tutti (uomini e donne).

Lancillotto e Ginevra in un<br>manoscritto inglese del XIV secolo >
Lancillotto e Ginevra in un
manoscritto inglese del XIV secolo

Lancillotto non sarebbe ciò che è senza l’amicizia ardente come amore.

Ma anche l’amicizia è un valore che illumina egualmente i cavalieri della Tavola. Galeotto, Galvano: l’amico che dà la vita per l’amico, l’amico che non può vivere senza l’amico, che è addolorato dalla sua partenza, che agogna alla sua intimità, che sarebbe addolorato fino alla morte venendo a sapere di avergli procurato male. L’amico che si rispetta, su cui non si vuole pesare, al quale si mostra un viso sorridente anche se il cuore è angosciato. Tutti gli eroi del ciclo di Artù sarebbero impensabili al di fuori "del sacro vincolo di amicizia", della lealtà appassionata della dedizione totale agli obblighi morali che vengono riassunti nella parola "onore".

La parola data, il giuramento, la semplice promessa sono vincolanti in modo assoluto: quali che siano le parole dette, il gentiluomo soggiace alla loro signoria, accetta stoicamente le conseguenze che ne derivano come davanti a una potenza che lo trascende e di fronte a cui l’io si annulla.

Chi promette (come spesso accade in questi romanzi) di esaudire a qualsiasi richiesta in cambio di un servizio o di un’informazione, si mette nelle mani della persona cui fa la promessa.

Il cavaliere della carretta
Il cavaliere della carretta

Nelle varie questioni d’onore non c’è dunque superiorità di Lancillotto. Anzi i suoi compagni più deboli debbono affrontare continuamente un maggiore rischio di morte, e il loro eroismo è in certo senso maggiore. Eppure Lancillotto ha la sua particolare grandezza. Egli rappresenta una perfezione terrena il cui segreto è l’amore.

Lancillotto è forse il mito occidentale che più di ogni altro mette in rapporto un uomo e l’amore, disegnando un’idea concreta e possente dell’amore perfettamente reciproco tra uomo e donna.

Lancillotto non può essere l’eroe cristiano perché l’essenziale della sua vicenda nasce dall’attrazione. Egli è l’eroe dell’inclinazione amorosa. Al pari della sua Ginevra, la sua storia cade sotto il segno della "lussuria" , che però non è più semplicemente uno dei peccati capitali, ma quasi una consacrazione.

Tutti i cavalieri sono devoti, galanti, a volte innamorati della Dama.

Ma Lancillotto è l’amante e l’amato. E’ lui il predestinato, è lui la metà di una coppia divina.

Mai forse nell’Occidente la coscienza è stata così vicina a riconoscere la sacralità del rapporto amoroso. Mai i sessi sono stati intesi così moralmente identici, così simmetrici sia nell’inclinazione amorosa, sia nel rispetto, nella lealtà, nel valore.

Ginevra non esiste in funzione di Lancillotto. Ha piena consapevolezza del proprio desiderio e difende il rapporto dando prova di grande valore.

C’è un brano bellissimo nel romanzo di Lancillotto, dove Ginevra si difende di fronte alla corte dall’accusa di aver commesso adulterio con Lancillotto: con un’oratoria appassionata e abilissima (di cui nessun cavaliere saprebbe dar prova) ella riesce allo stesso tempo a respingere l’accusa e a sostenere la liceità del suo adulterio.

Lancillotto approda nell’amore a una diversa trascendenza. Sì, egli è l’eroe votato all’inclinazione amorosa. Ma questa condizione carnale è consacrata dalla profondità del suo congiungimento a Ginevra, dalla sua assoluta fedeltà, dalla sua totale sottomissione all’amata (vissuta realmente e non per finzione galante).

Tra i suoi compagni, Lancillotto si nota per l’estrema impulsività e anche per una certa foga che diventa facilmente ferocia sanguinaria.

Un pò come Achille tra gli eroi della guerra troiana.

Senza l’amore, Lancillotto sarebbe una bestia. Egli è colui che sgozza anche troppo volentieri un avversario non degno, ma è anche colui che trattiene la sua ferocia ogni volta che la sua dama glielo chiede.

In un episodio significativo, Lancillotto giostra in incognito davanti a tutta la corte e compie grandi imprese; ma alla sera giunge dalla Regina (che lo ha riconosciuto e tuttavia non ne fa mostra) la richiesta di comportarsi da debole, da vile. Ed egli obbedisce immediatamente, sacrifica senza esitazione il suo orgoglio, incurante dei lazzi e del disprezzo. E questo si ripete per più giorni.

Lancillotto è nelle mani della donna, cui ha dato la parola e il cuore. Ginevra è il centro dei suoi pensieri. Lancillotto non è nulla senza la luce di Ginevra. La cosa che egli paventa di più è di meritare la collera della regina. Lontano da lei, gli capita di perdere il senno e di errare per mesi in uno stato di follia. Pur di avvicinarla, egli si assoggetta a montare sulla carretta (1), ignorando con stoicismo l’umiliazione e il degrado.

Il rispetto per la regina, l’attenzione per il suo stato d’animo sono forti quanto la passione amorosa, anzi non se ne distinguono. La lealtà è assoluta e reciproca, esattamente come nell’ardente amicizia maschile. Lancillotto il feroce, dentro la sfera dell’amore è un uomo di sublime mitezza. La fedeltà fisica è categorica.

In un episodio stupendo, una giovane donna si accompagna a Lancillotto che è in incognito ma di cui ella sospetta l’identità. Per metterlo alla prova si fa promettere che egli avrebbe esudito a una sua richiesta. La richiesta - risulta poi - è di fare l’amore con lei. Lancillotto è profondamente afflitto, ma il codice d’onore non ammette insolvenza.

La ragazza gli dice: ma la tua amica non verrà a saperlo. E Lancillotto: ma il mio cuore lo saprà bene. E la ragazza, che con questo ha la prova dell’identità di Lancillotto, lo libera ridendo dalla promessa.

Gastone Redetti

(1) Su una carretta venivano condotti nel Medio Evo i condannati al patibolo. Salire sulla carretta assunse perciò il significato di estrema ignominia.

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