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Augusta Baldioli

Cronache dal volontariato

Da Miopia n.17, giugno 1993
e da Miopia n.19, dicembre 1993

 

 

...Come se tutto ciò non bastasse, è successo che – pressoché da sola sia pure potendo rivolgermi «al papa ed al re» – ho dovuto far tornare il gas nella casa di tre senegalesi rimasti “chiusi” per incolpevole loro morosità (ho fatto il miracolo di riaprire la fatidica chiavetta nel giro di pochi minuti, ma nel giro di due giorni ho dovuto “trovare” mezzo milione, il che non è stata una fatica da poco), poi ho dovuto trovar lavoro all’enorme e dolcissimo B.L., nonché occuparmi della truffa che il Comune di un paesello della zona perpetra ai danni di C.S. che ha indiscutibilmente vinto il concorso per le case Iacp, dopodiché ecco che è successo il massimo: han portato in carcere a V. il mio “piccolo” B.D. e lo sa il cielo che cosa non ho fatto per poter almeno sapere “perché”.

Perché, nel 1990, il poverello era lì a Venezia che vendeva “borse firmate” e l’han beccato, cosicché subito è scattata l’imputazione di ricettazione giacché i poverelli non avevano la ricevuta rilasciata da Chanel o da Valentino...

L’han tenuto dentro cinque giorni, nel 1990, quando lui non capiva ancora manco una parola d’italiano, poi gli han detto “vai, trovati un avvocato”. Il ragazzo ha dato i suoi risparmi ad un avvocato: “io credere molto bravo, lui così detto”, e poi – l’anno scorso – è capitato qui da noi dove risiede e lavora “come un negro”, appunto, bravissimo.

Nel frattempo, a maggio del ’92, gli han fatto il processo senza che lui lo sapesse, quel suo avvocato così bravo ed onesto non s’è presentato, non gli han potuto dare manco un difensore d’ufficio, ed il piccolo ed ignaro B. s’è trovato sul gobbo il massimo della pena: due anni e un mese... Ah, l’Italia! E così, scaduti i termini per il ricorso che lui ovviamente non sapeva di poter e dover fare, l’han messo dentro come se fosse Rijna. E dentro sta, senza che i suoi amici possano né vederlo né parlargli, né manco portargli “les arachides” del loro Senegal... e allora c’è l’Augusta, che ne fa di tutti i colori ma è riuscita ad abbracciarlo, ad incoraggiarlo, a garantirgli che lo tirerà fuori come ha diritto. Ma intanto c’è da correre, inventare, osare, decidere, rischiare, mobilitare, organizzare ecc. ecc. Mi aiutano un po’ due o tre delle mie donne, il sindaco e gli assessori mi firmano dichiarazioni e tutto, ma i miei piedi mi fan male dal gran correre ed il telefono è incandescente. Forse sono una stupidotta che “se la prende troppo per gli altri”, come mi dicono tutti, ma come si fa a lasciar morire in carcere (il carcere uccide l’anima) un bel ragazzo ridente nato per essere gazzella nella sua savana?

 

Ragazzo senegalese

tutt’occhi-denti e riccetti

con il sorriso stupito e felice

di chi vuol giocare la vita,

nato per correre nelle savane

ed ora chiuso in un carcere di bianchi:

oh piccolo B. d’un metro e ottanta

sei da strappar da lì

anche se tu fossi cattivo o già da noi rovinato,

ma sei invece proprio innocente:

potrai mai perdonarci?

 

...quando ti han processato,

tu non lo sapevi

ed eri altrove a guadagnarti

la tua vita senegalese,

non c’era quell’avvocato,

nessuno ha difeso

il ragazzino nero

che aveva osato offrire ai turisti

le borse fatte a Napoli

con la firma del gran nome importante...

E ora ti han messo dentro.

 

Adesso

i tuoi “fratelli” neri

mi dicono “grazie, grazie”

perché io-noi ti tireremo fuori:

non dir niente, ragazzo,

son io a ringraziarti

umiliata e vergognosa di me-noi,

son io che spero e credo

che il domani

sia finalmente

africano.

Augusta Baldioli


 

[Il brano seguente è tratto dalle Lettere di Miopia n.19]

Ricordate la storia del ragazzo senegalese che era finito in carcere per aver venduto “le borse firmate”?

E’ tornato, ce l’abbiamo fatta, è stato quasi un miracolo ed io scoppio dalla voglia di raccontare mille sue piccole cose che farebbero un po’ ridere ed un po’ piangere, ma lui ed i suoi amici mi hanno detto accarezzandomi le mani “Tu hai ragione, è giusto, giustissimo, tutto vero, verissimo, ma la verità è piccante, può far altro male a dei nostri fratelli. Allora stiamo zitti, non raccontiamo, pazienza: C’È DIO” ...E così, io che da sette mesi sognavo soltanto di poter riabbracciare l’agnellino nero e di sventolar alto il suo riscatto, debbo e voglio “tacere”, gonfia di emozione ed anche di ammirazione per questo loro tipo di dignità così alta che assolutamente non posso tradire anche se a noi sembrerebbe “giusto ed utile” il far sapere a tutti, ora che B. è “a casa” e vive e lavora con noi, come “prima”.

Posso però dire con gioia che il nostro “piccolo” B. (un metro ed ottanta, ma per un senegalese non è il massimo!) s’è conservato più “bello” che mai, “dentro” e fuori, ecchecavolo! Io avevo paura di ritrovarlo un po’ appannato, un po’ indurito, un po’ imbolsito: macché, lui “era con Dio” e riceveva il nostro amore che miracolosamente moltiplicava per ridistribuirlo fra i compagni di pena, così – sotto la sua bella pelle nera – è rimasto un ragazzo “chiaro”, sveglio, buono e ridente.

Dice tante volte “grazie” a tutte le tante persone che han creduto in lui, ma a queste persone fa venir voglia di dire “grazie a te!”.

Da casa mia ha chiamato la mamma a Dakkar ed io, che credo che le parole entrino in una cornetta e passino attraverso il filo arrotolato, ora guardo il mio telefono come una cosa diventata importante che ha svolto una funzione memorabile (ed anch’io ho salutato sua madre che voleva parlarmi, ma lei conosce soltanto la sua lingua wolof ed io mi arrangio con un francese da corrispondente commerciale: ci siano strillate qualcosa di incomprensibile... ma con la netta sensazione di capirci benissimo!).

Alla faccia di chi si ostina a sentenziare “se non sei Mamma, non puoi capire”.

Da tutta ‘sta dolorosa e laboriosa storia finita bene, ho imparato alcune cose:

– che la fede religiosa di questi ragazzi mussulmani è molto più seria e ricca di quella che di solito abbiamo “noi”;

– che le storie più vere e più belle son quelle che manco si possono raccontare;

– che, sino a che il Potere sta da una parte sola, è meglio non fidarsi troppo né di chi se lo spartisce né di chi lo sostiene e che il mio esser femminista si concilia benissimo con l’aver un “nipotino nero” e capirmi egregiamente con la sua mamma che mi ha parlato in wolof!

Augusta Baldioli

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