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Augusta Baldioli

Parlare di Dio? ...oddio!

Da Miopia n.31, marzo 1998, numero monotematico IL DIO, LA DEA

Quand’ero piccola la mia buona mamma mi faceva recitare: “Dolce cuor del mio Gesù, fa chiotarmi sempre più”; nella nostra casa il verbo “amare” era desueto perché assimilabile a qualcosa di molto pruriginoso e tabù. Io ero una bambina rompiballe e già bell’e condizionata, che chiedeva tutti i perché e si accontentava subito della prima risposta, avendo capito d’istinto che mai ve ne sarebbero state di attendibili davvero... Mi avevano detto che “chiotare” significava “far ballare sulle ginocchia come fa ogni tanto il papà” e mi era andato bene perché mi piaceva esser fatta saltare sulle ginocchia. Immaginavo che Gesù fosse un bel ragazzo dai capelli di signorina, con degli strani grembiuloni azzurri e rossi ed il “cuore in mano”, letteralmente, che un giorno o l’altro sarebbe apparso davanti a me e mi avrebbe chiotata vigorosamente facendomi saltare su e giù. Lui era Dio ma anche figlio del vero Dio importante che era suo padre molto anziano, il quale stava soltanto fra delle nuvole ed aveva la particolarità di vedere tutto guardando con un occhione attraverso un triangolo. Il vero Dio onnipotente e onnisciente era lui, e non si poteva saperne di più perché c’era “il dogma di fede” che significava “è così e basta”.

Avevo anche sentito dire “Non muove foglia che Dio non voglia” e d’estate soffiavo disperatamente - per prova - sulla siepe del viale, felicissima se si spostava impercettibilmente anche una sola fogliolina, giacché ciò veniva a confermarmi l’approvazione e la benevolenza di Dio, delle quali subito approfittavo chiedendogli che il Marcello mi amasse (mi son fidanzata a sei anni con lui, ma ero un po’ preoccupata per la differenza d’età che ci separava: aveva sei mesi meno di me, né potevo prevedere che poi nel corso della mia vita ben altri baratri di tal fatta...).

Poi, l’Azione Cattolica e le suore e il direttore spirituale mi hanno un po’ dirozzato le idee su Dio e sulla fede, ma mica poi di tanto! A vent’anni, recitavo “la Compieta” tornando in autobus dal lavoro e non mi aspettavo più che quel giovanotto mi chiotasse, ma quell’occhione triangolare era sempre lì sopra ad esercitare funzione di monito e di controllo.

Forse anche perché avevo bisogno di un po’ di libertà, ho incominciato a ricusare l’idea che esistesse il limbo dove stavano ad annoiarsi eternamente quei poveri neonati morti senza battesimo, poi ho ricusato l’inferno perché troppo crudele per un dio d’amore, quindi conseguentemente ho abolito il purgatorio per la stessa ragione, dopodiché m’è rimasto il paradiso che mi va bene ancora adesso sempreché sia diviso in piani o sezioni ed io non debba condividerlo con i personaggi e le personagge a me sgraditi, i quali vi potranno accedere ma soltanto dopo una bella trafila di umiliazioni e spaventi e minacce d’espulsione eterna.

Seriamente. Io non so se c’è Dio, lo spero, come si spera in Qualcuno o Qualcosa che - infine! - metta finalmente un po’ d’ordine e faccia un po’ di giustizia. Se c’è, è quello che Alex Zanotelli trova nei volti disperati di Korococho, è lo stesso che canta Davide Riondino (“tango mio tango, credo solo ai miracoli...”), è la vita, allegria e speranza nonostante tutto. Se c’è, è ovunque, persino nei portaocchiali del demonizzatissimo Bertinotti, e magari si aggira sogghignando anche ad Arcore perché dev’esser uno che non si lascia condizionare dalla grandeur delle sue creature più o meno ben riuscite; e penso a come se la ride allorché noi ci dividiamo il mondo e decidiamo addirittura d’esser padani.

Se Dio è maschio o femmina? Non oso ancora credere che sia una Donna come me, ma certamente non può essere soltanto un uomo...

Se lo credono più le donne o più gli uomini? Mah, le donne sono più possibiliste, cioè più aperte e intelligenti, mentre gli uomini aspettano sia quotato in borsa o scenda a far più goal di Ronaldo, penso.

Il mio principe poeta Kabir - ragazzo senegalese di lingua wolof che faceva il barista - davanti alle noccioline del suo banco di lavoro lo aveva invocato così: “Tu, che hai spaccato i pistacchi” e da allora non so evocarlo se non così, come quel Qualcuno che - se c’è - ha spaccato i pistacchi perché a noi non fosse difficile mangiarceli. Così sia.

Augusta Baldioli

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