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Maddalena Finozzi

Le astuzie dell’inconscio

Da Miopia n.30, settembre 1997, numero monotematico IL TEMPO DI ECATE

Tra non molto sarò una vecchia signora!

Non ci aveva pensato fino a quando Elena non mi ha chiesto la collaborazione ad un numero monografico di “Miopia” sulla questione della vecchiaia (buon Dio, Elena, cosa ti è venuto in mente?). L’argomento risulta difficile, pericoloso, ingrato, imbarazzante!

Devo soffermarmi sul numero proibito dei miei anni (64). Sono molti? E’ male non comportarsi da vecchia signora, da saggia, brava donna come ho fatto io finora, “dimenticandomi” d’invecchiare? Mi accingo ad affrontare la questione di malavoglia.

La tentazione di svicolare, di andare per luoghi comuni più o meno ironici è forte.

“L’età matura ha il suo fascino”. “Le rughe rendono più interessante un viso”. “La donna ora è diventata soggetto, il suo aspetto fisico non conta più”. “... e gallina vecchia fa buon brodo!”.

Tutte balle! Forse di vero c’è solo la metafora della gallina, ma poverina deve essere cotta.

Comunque se bisogna affrontare l’ingrato argomento facciamolo con la seriosità che gli compete.

Cerco nella memoria esempi pratici di mie passate esperienze.

Mia mamma, mia suocera: tutte e due vissute fino ai novant’anni. Ho avuto con loro un rapporto molto diretto negli ultimi anni della loro vita, ma in questo momento, se penso a loro, vedo solo due linde vecchiette sedute composte nella loro poltrona.

Tutto rimosso?

Mi accorgo che per ricordarmi dei loro disagi, della loro malinconia, della mia fatica nell’accudirle, dovrei fare un notevole sforzo e non ne ho proprio voglia.

Intanto una sottile inquietudine mi prende, viene da me stessa, dalla mia paura, dai miei tabù.

Come mi vedono gli altri, le mie “giovani amiche”? Ho letto in uno specifico trattato che la “terza età” inizia a 65 anni. Chi l’ha stabilito, in base a quale norma? E vale per tutti? Anche per gli uomini? Io ritengo che gli uomini invecchino prima: infatti muoiono prima! Seppure certi luoghi comuni riguardo la disparità di valutazione dell’età dei due sessi ancora persistano.

All’inizio di questo secolo una donna era ritenuta vecchia a 40 anni.

Una celebre donna dell’alta borghesia, Virginia di Castiglione, a soli 39 anni si rinchiuse in casa e chiuse le imposte, tolse tutti gli specchi per non vedersi e per non farsi vedere mai più. Il poeta Guido Gozzano le dedicò un canto :


Allo sfiorire della stagione
disparve dal mondo, sigillò le porte
della dimora
e restò prigioniera
sola col Tempo

(Per una ruga in più, Franca Romè, Rizzoli).

Invece mio padre a quarant’anni sposò mia madre appena diciottenne senza suscitare scandalo. Questo può accadere anche oggi, ma cosa succede se a sposare un giovane ragazzo è una donna matura?

Abbiamo un bel dire che le cose sono cambiate. Il mito negativo di Giocasta persiste.

Detto questo, io dovrei essere una vecchia signora? Sono sciolta, agile, attiva, curiosa del mondo, ho molte amiche, amici, siamo “impegnate”, abbiamo amici di colore, partecipiamo alle loro feste, amiamo la loro musica, balliamo! Ballo! Sono vecchia? Lo sono per gli altri? Mi guardo attentamente allo specchio . I “segni” ci sono! Cerco di tirare su la bocca con un bel sorriso, ma così le pieghe delle guance si moltiplicano! Qual è l’atteggiamento migliore per presentarsi agli altri? Mi accorgo che più importante di tutto è non essere rifiutata dagli altri, da tutto il contesto di questa piccola società che fa parte della mia vita, delle mie abitudini.

Eppure è inevitabile che a un dato momento la vita di ognuno cambi, i cerchi si chiudano.

Dovrei essere io stessa ad “elaborare il distacco, ed entrare in una nuova stagione di saggezza” il meno traumaticamente possibile? L’articolo di Elena nel numero 25 di “Miopia”, Il distacco inaccettabile, mi ha fatto molto meditare. Dovrei già pensare a “distaccarmi” oppure avrò tempo più avanti?

Penso anche che in fin dei conti, oggi, la vecchiaia è brevissima, comprende solo quei pochissimi anni che precedono la fine, quando si dipende maledettamente dagli altri per i più piccoli bisogni. Ora tante limitazioni dovute all’età, delle generazioni che ci hanno preceduto, sono state cancellate. Certamente io a 60 anni non somiglio a mia madre alla stessa età. Ora una donna attraversa il lavoro e la gestione del suo danaro, e acquisisce più potere e più forza nella gestione di tutta la sua vita. Ciononostante le contraddizioni di questa società sono molteplici. E’ un fatto che la posizione della donna è in genere cambiata positivamente, ma ciò non vuole dire che la frattura fra le generazioni si sia colmata, anzi forse si è fatta più profonda. In una società dove si è validi solo se si produce, dove si esalta fino allo spasimo solo ciò che è bello, giovane, scattante, come possono sentirsi tutti coloro che per una ragione o per un’altra sono giù dalla giostra? Come possono stare le persone anziane in una società dove lo stato sociale viene giorno dopo giorno smantellato a favore di una non ben identificabile “politica del risanamento”? Questa società dell’efficientismo, del liberismo, non si occupa degli strati più deboli, e non certamente dei vecchi.

Tutt’al più si pensa ad allontanarli, a rinchiuderli, a non renderli visibili.

Ora i ricoveri per vecchi vengono ipocritamente chiamati con i dolci nomi di “Nido”, “Focolare”, “Casa”...

Comunque rimane sempre la mia incognita ! Come sono veramente? Come sarò, come starò fra 5 - 10 anni? Sarò più equilibrata, più saggia? Vorrò esserlo? La saggezza della vecchiaia è una fola. Anzi, si diventa più trasgressivi, si lasciano cadere i tabù, perché non si ha più niente da perdere, specie ora, così svalutati. Specie se donna! Gli uomini invecchiando possono anche diventare “venerabili”. Vediamo Nestore, gli eremiti, i profeti, i grandi vecchi dei nostri tempi. Dove sono le grandi vecchie? Invecchiando le donne diventano solo delle “odiose streghe”.

Ascoltiamo i commenti dei presenti quando appare in televisione qualche famosa attrice del passato: “Dio com’è mal messa!”. Quando invece compaiono gli analoghi maschi, nessun commento esecrabile, tutt’al più si dice: “Però, è ancora bravo!”.

Io, credo, non vorrò invecchiare molto. La mia paura comunque è di cadere nella noia. E se perdessi gli interessi? Se non fossi più curiosa del mondo, se non volessi più sapere di come gira? Se non potessi più leggere? Se non potessi più frequentare la mia “chiesa”, come scherzosamente chiamo la biblioteca, a curiosare nello scaffale dei “nuovi arrivi” alla ricerca di una nuova Virginia Woolf, di una nuova Yourcenar, di un nuovo Thomas Mann?

Ho sempre sostenuto che la vita va vissuta al massimo fino all’ultimo respiro, ma se mi ammalassi?

Già adesso il mio cuore a volte “scantina”, esce dalle regole. Che cos’è la vecchiaia se non la somma di tante malattie? E poi, anche se starò bene, mi farò sicuramente detestare; diventerò antipatica, mi infischierò sempre più delle convenzioni. Sarò contraddittoria. Già adesso lo sono. Ho sempre voglia di viaggiare, ma ho paura di partire. La televisione mi annoia a morte, ma sono contenta di avere la televisione. E i libri! Già, i libri... in realtà pochi riescono veramente a “prendermi”, tutto mi sembra già scontato, già sentito. Oh dio che casino! Questo argomentare con me stessa mi ha proprio stressata! ... e che dolore alla nuca! Sarà la cervicale... l’artrosi... l’osteoporosi? Non ho mai avuto questi disturbi, prima! Rimuovere, rimuovere! Se il nostro subconscio gioca così bene con la rimozione una buona ragione ci sarà!

Maddalena Finozzi

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