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Carla Galetto

Scarpinando su Viottoli

Da Miopia n.38, settembre 2001, numero monotematico CUORI DI CARTA.

Ho sempre fatto una grande fatica a scrivere…

A scuola preferivo cimentarmi in matematica e lasciarmi attrarre dalle meraviglie della scienza. Non ho mai avuto facilità di parola scritta: i temi o i riassunti erano sempre accompagnati da grande fatica, impegno e sudore…

Solo quando scrivevo lunghe lettere al mio innamorato riuscivo a lasciar correre la penna velocemente, inseguendo pensieri ed emozioni…, ma il contesto era particolare e il desiderio di stare in relazione, seppure a distanza, era enorme e struggente.

Sono sempre stata un po’ restia a scrivere, sia perché mi sembra di dover, in qualche modo, mettere a nudo il mio “sentire”, sia perché i testi scritti rischiano di fissare un pensiero che spesso è, invece, provvisorio e mutevole.

Mi capita, a volte, di rileggere cose scritte da me tempo prima e di stupirmi, come se non mi riconoscessi più nella “me stessa” di allora. E, nello stesso tempo, sono convinta che, solo correndo il rischio di fissare nero su bianco ciò che si vive, sia possibile costruire una memoria del proprio cambiamento nel tempo.

Eppure, nonostante alcune resistenze, quando nella mia comunità di base è maturata l’esigenza di dar voce, con un periodico (Viottoli), ad una esperienza di ricerca di percorsi di fede, alternativi a quelli rigidi proposti dal mondo cattolico, mi sono subito sentita coinvolta in prima persona. Mi è sembrato urgente comunicare un messaggio di liberazione da dogmi e catene, immaginare, vivere e proporre cammini…

I percorsi che si incrociano dentro una esperienza di comunità sono numerosi e, sovente, anche molto diversi; questa vivacità di riflessioni e di “sentire” rappresenta, secondo me, una ricchezza enorme che va valorizzata.

E’ proprio importante tenere in dialogo queste diversità e lasciare che trovino spazio, sia nella quotidianità sia sulla rivista. Nello stesso tempo è importante raccogliere testimonianze che provengono da altre realtà, che ci interpellano e ci stimolano alla riflessione e al confronto. Spesso in redazione ci diciamo quanto sia urgente “far girare delle idee” che siano di speranza e di invito al cambiamento e che aiutino ad interrogarsi e ad approfondire.

Mi sono appassionata ai percorsi di ricerca di donne, teologhe e non, che si situano nell’universo “femminista”. Questo vedere “con occhi di donna” il mondo, il divino, la fede, è come una finestra che si affaccia su territori sconosciuti, come un sentiero che porta a scoprire luoghi ancora inesplorati. Ed è estremamente affascinante, per me, percorrere questi sentieri in compagnia di altre donne.

Sono molto consapevole che il mio piccolo contributo nella redazione altro non è che un tentativo di allargare la possibilità di comunicazione, soprattutto con le donne. Lo scorso anno abbiamo pubblicato, su un quaderno di Viottoli, Nel segno di Rut, la ricerca fatta da alcune di noi sulle teologie femministe e sulle ripercussioni che l’incontro con esse ha avuto per la nostra esperienza di fede. In un primo momento ci siamo limitate a presentare, durante un incontro, questo lavoro alla nostra comunità di base; successivamente la redazione di Viottoli e la comunità stessa ci hanno chiesto di pubblicarlo. Ho scoperto così il desiderio di offrire un punto di vista, parziale e discutibile, ma aperto alla ricerca. E vorrei tanto riuscire a mettere passione e vivacità in ciò che scrivo, a trasferire emozioni e calore.

Ancora oggi, però, preferisco leggere. Mi piace soprattutto ascoltare pensieri che entrano in dialogo con i miei. Incontro molto spesso chi riesce ad esprimere, in modo chiaro e appassionato, pensieri che condivido, ma che mi frullano in testa senza trovare parole appropriate per essere detti. Leggo con avidità, come se incontrassi realmente la persona che scrive, sentendomi interpellata direttamente, sorridendo per la sintonia che a volte incontro tra l’altrui narrare e il mio sentire.

Posso rinunciare a molte altre cose, ma non a libri e giornali che vanno ad accumularsi sugli scaffali, sulla scrivania e nel comodino.

Condivido fino in fondo ciò che scrive Simone Weil: “… perché io leggo, per quanto è possibile, soltanto ciò di cui ho fame, nel momento in cui ne ho fame, e allora non leggo: mi nutro” (Attesa di Dio, p.43).

Carla Galetto

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