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Loretta Nalin

Dalla terra del pane e del cioccolato

Da Miopia n.27, Giugno 1996

 

Una ragazza dei nostri gruppi scrive, in un suo componimento poetico: “...Ma ora un buco nero, misterioso e senza fondo, si mangia cibo rifiutato e tutta quella che io sono...”.

Il “buco nero” , inutile dirlo, è il disturbo alimentare - Anoressia, Bulimia, Compulsione e Obesità sono buchi neri, misteriosi e dolorosi, che si “mangiano e rifiutano” al tempo stesso, corpi intesi come sessualità, femminilità, affettività, comunicazione amorosa e, spesso, fecondità e maternità. Queste possibilità, nelle patologie alimentari vengono parzialmente o totalmente negate e sacrificate aggiungendo dolore al dolore. Passo molte ore all’ascolto di un “telefono per disturbi alimentari”. In certe occasioni, quando compaiono articoli sulla nostra Associazione, ciò significa non allontanarsi mai da quel posto per giorni e giorni. Ritornelli sempre uguali e sempre nuovi gravitano intorno al corpo: “Mi vergogno come donna”, “non esco mai”, “ho paura degli uomini”, “non mi accetto”, “mi sento scomparire”...

Negazioni, rifiuti, colpa, vergogna, disconoscimenti. Ci si rende conto di tutto questo con consapevolezza disperante. Perché l’essere femminile, senza ormai distinzione d’età, si ammala di queste patologie? Le ipotesi e le teorie investigate sono molte e tutte valide. Io vorrei rispondere con una frase di Apfeldorfer, dal suo libro “Mangio dunque sono”: “Per occuparsi del proprio corpo, per interessarsene, per sentirlo, è necessario amarlo... ma queste persone, per appunto, non lo amano... è un’immagine più o meno lontana dalla realtà”.

A conferma di questo scrive Emma: “Non sono mai abbastanza soddisfatta di come sono, e mi sento inadeguata e con un ‘corpo indegno’... spesso mi sono sentita ‘indegna’ di vivere e se qualcuno cercava di avvicinarmi, scattavo”.

E quando non è divorato e rifiutato, il corpo anoressico/bulimico/obeso è un “corpo controllato”. Racconta una ragazza durante una seduta: “Col cibo mi anestetizzo... controllo così le paure, l’ansia, me stessa...”.

E un’altra: “sto sempre attenta che un pezzo di me resti fuori dai miei rapporti. Questo mi permette di controllarmi, ma alla fine non sono mai me stessa”.

Cosa ci vogliono comunicare, prima di tutto, queste condizioni di sofferenza? Vorrei continuare con Apfeldorfer che ci fa intuire che i corpi di queste persone non sono “neutri”, perché la loro sofferenza e la malattia li caratterizza e li “colora” prima ancora della loro appartenenza al genere femminile. Di questo siamo obbligati a tener conto se vogliamo capire queste persone. Inutile dire, quindi, che prima di chiedere a questi corpi impazziti che siano “corpi femminili”, bisogna tenere conto del loro problema, che sia di anoressia o di obesità. Come fa capire ancora Apfeldorfer: “vi è un dolore continuo che corrode l’essere in profondità, senza riuscire a cicatrizzarsi”.

 

Loretta Nalin

 

Loretta Nalin è stata presidente dell’associazione CLIDAO - gruppi di terapia per obesità bulimia anoressia..

 

 

I frammenti riportati in questa pagina sono ricavati da sedute e da diari emozionali dei gruppi CLIDAO.

 

«...per secoli mi sono focalizzata sul mio corpo, volevo essere creativa e pensavo rigidamente che si potesse esserlo solo dipingendo, ballando, o scrivendo poesie. Ho scoperto di essere creativa, in giardino o quando parlo con gli altri... I miei fiori e i miei figli sono le poesie che non ho mai scritto e le danze che non ho mai fatto. E tutto ciò mi basta».

Elena (compulsiva)

 

 

«Provo una sorta di tenerezza per quella bambina che sono stata e che è ancora dentro di me. Non ha ricevuto sostegno per affrontare la vita. Si è sempre sentita inferiore. Si è sempre vergognata. Ha invidiato spesso gli altri perché più amati, Quando questa bambina è cresciuta e ha pensato di dimostrare di valere anche lei, non ce l’ha fatta. Si è chiusa. Era troppo difficile vivere come lei voleva... lottare per se stessa».

Emilia (bulimica, 30 anni)

 

 

«...Mi sento un po’ più a mio agio nel gruppo, ora. Rischio un po’ di più e comincio a fidarmi. Ho sempre avuto paura degli altri: che giudicano, che feriscono, che emarginano. Ma ero io, invece, la nemica più feroce di me stessa. Sento che mi sto accettando di più. Il mio corpo, i miei chili in più non mi fanno più sentire così orribile. Accetto anche la mia femminilità con più tenerezza... anche tu Resi puoi accettarti; sembra che tu odi il tuo corpo e pretendi troppo da te stessa. Vorrei che tu realizzassi il tuo sogno descritto nella seduta di gruppo: muoverti come la ballerina del tuo carillon...».

Antonia compulsiva/obesa, 28 anni)

«Anche ora, come quando ero bambina, cerco approvazione, molto spesso non la trovo... Vogliono che sia una brava moglie, una brava amica, una brava figlia che ascolta tutti e dà sempre ragione. Ma perché quando ascolto me stessa, sento tutto questo dolore e odio per questo mio corpo?».

Sibilla (compulsiva, 35 anni)

 

«Constatare che una donna deve fare i conti con un grande bisogno d’amore e di conseguenza con la propria fragilità, mi fa male... sta di fatto: se non ci ama “LUI”, ci sentiamo abbandonate, rifiutate, fallite. Se un “LUI” non ci ama, nemmeno noi possiamo amarci... Ed ecco allora il “male”, quel male che tutto mangia e divora...».

Loredana (bulimica, 30 anni)

 

«Spesso in questi giorni mi sono sentita disperata, sola, triste e affamata... Come se dovessi creare, minuto dopo minuto, una barriera tra me e gli altri, perché questi non possano ferirmi, farmi male...».

Fabrizia (bulimica, 28 anni)

 

«Potessi ritrovare quel pane e cioccolato che mi saziava, in cui mi perdevo. Cibo desiderato dell’infanzia. Ora nulla mi sazia più, ora nulla mi piace più, ma un buco sconosciuto e senza fondo si mangia cibo rifiutato, paura e felicità e tutta quella che io sono... Potessi ritrovare il mio mondo di bambina, dove tutto aveva senso, quei pomeriggi tranquilli, seduta davanti al cancello col mio pane e cioccolato, e salutare chi passa e raccogliere saluti che mi scaldavano il cuore... Come in una terra dove ci si riconosce e dove si può crescere. Ma qui tutto è di pietra, qui nulla ha senso. Non ci sono cancelli, né pomeriggi, né saluti, né cibo desiderato, né pane e cioccolato.

Giselle (anoressica, 21 anni)

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