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Le Donne dell'UDI di Omegna

Sbucciando le responsabilità

Da Miopia n.20, aprile 1994

 

Lo sapete come siam fatte noi Sibille: prendiamo una parola apparentemente innocua o dal senso scontato, ed incominciamo a sbucciarla come una cipolla, strato dopo strato sin che ne arriviamo al cuore, E, sbucciando e sbucciando, scopriamo quelle famose “differenze” che ci son croce e delizia. Per esempio, diciamo la parola “responsabilità” e tutti e tutte crediamo di conoscere la cipolla poiché il dizionario recita “il rispondere di azioni proprie ed altrui” e tanto basta perché ci si intenda alla belle e meglio. Ma già togliendo il primo strato possiamo accorgerci che c’è la “responsabilità da potere” e quella “da senso del dovere”: la prima è quasi sempre maschile, la seconda sembra essere squisitamente femminile (esempio: Ciampi è - sino al momento in cui scriviamo - responsabile del governo, mentre la Susy è responsabile delle sue bambine. Il governatore può anche essere un buon padre e la Susy un’ottima professionista, ma la responsabilità dell’uno si misura dall’importanza del potere che ha, mentre la responsabilità che si addebita o si riconosce all’altra si riferisce al senso del dovere che sente o che dovrebbe sentire...). Si può dire, quindi,, che anche il senso di responsabilità... è sessuato!

E se il senso di responsabilità-potere non è soddisfatto, produce frustrazioni ed aggressività, mentre se il senso di responsabilità-dovere non viene esercitato fino al masochismo, produce sensi di colpa e di autodisistima (dal che ne deriva che gli uomini frustrati cercano di far del male agli altri, mentre le donne che si ritengono “fallite” ne fanno a loro stesse). Stiamo generalizzando, lo sappiamo, ma presentateci un solo uomo “arrivato” che si ritiri dal mondo economico o politico perché uno dei suoi bambini fa ancora la pipì a letto sopra i tre anni (ci auguriamo che nemmeno le donne “realizzate” debbano ritirarsi per simili inconvenienti, ma presentatecene una sola che sia del tutto scevra da sensi di colpa verso il pargoletto o i figli ormai accasati!).

Spesso ci si sente dire che “i genitori si suddividono la responsabilità dei figli” ma spesso questo significa che - dopo che la mamma ha pensato a tutto per tutta la settimana - il papà porta a spasso il figlio alla domenica. O che, dopo che la mamma s’è fatta tutte le riunioni dei genitori da quando il bimbo era al nido sin alle medie, lì subentra il padre a far le scelte impegnative. È pur giustissimo che le facoltà ed i compiti di una mamma siano diversi da quelli del papà, e meno male che oggi ci son donne ministre, imprenditrici, scienziate e premi Nobel, ma vi sfidiamo a presentarci una di queste che non sia ancora stata intervistata sul tema di “come concilia il suo esser donna col successo nella carriera”... Semmai la stessa domanda venisse posta all’uomo, egli tronfio e benevolo - dirà “devo molto alla mia compagna”, e lo ribadirà con commozione edificante, tanto più se lei nel frattempo è morta...

Insomma, “sbucciando” queste semplici considerazioni che ognuna di noi può verificare fra i propri amici e conoscenti, ne abbiamo dedotto che - sino a che si rimane condizionati dalla responsabilità derivante dal “potere” o fino a che si rimane obbedienti a quella che scaturisce dal senso del “dovere” - nessuno o nessuna potrà assumersi la responsabilità di esser se stesso o se stessa, cioè un individuo unico ed irripetibile, ricco di esigenze, facoltà e caratteristiche preziose... Già, è “comodo” rimanere all’interno di un ruolo, sia di potere che di dovere, perché il ruolo detta sempre regolette precise e binari prestabiliti ai quali ubbidire e trasgredire: è molto meno comodo, facile e consueto - invece - cercar di sviluppare la propria coscienza di persona. Già, uscire dal ruolo: se noi donne ci ricordassimo sempre questa semplicissima scoperta che il tanto vituperato femminismo aveva suggerito e che i successivi anni di omologazione rampante avevan seppellito, forse le cose potrebbero andar meglio, o no?). Poi, poi noi donne potremmo anche aver successo e magari fare il presidente del consiglio (magari!), ma una di noi è solita ricordarci che noi donne veniamo chiamate in causa e riconosciute e “responsabilizzate” proprio e sempre e soltanto quando loro uomini non ce la fanno più, ed è per questo che noi Sibille ce ne guardiamo bene, dal candidarci al Potere!).

Le donne dell’UDI di Omegna

 

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