torna a ....

Raffaella Maucieri

L’estetica del cervello

Da Miopia n.30, settembre 1997, numero monotematico IL TEMPO DI ECATE

 

Oggi le donne hanno un’aspettativa di vita di 80 anni e più, questo significa che me ne restano una trentina. Beh, una volta mi sarebbero sembrate un’eternità, adesso che ho sperimentato personalmente come passano in fretta, mi chiedo preoccupata se potranno mai bastarmi per tutte le cose che ho ancora da fare.

No, non mi spaventa la vecchiaia, mi spaventa soltanto l’idea di rimbambire, di aver bisogno di medici e ospedali, di dover dipendere dagli altri, e in una parola di perdere la mia autosufficienza e quindi la mia libertà e quindi, forse, anche quell’autorevolezza che così duramente mi sono guadagnata. E se questo è un rischio che si corre a qualsiasi età, certamente dopo i cinquanta lo si comincia a correre più in fretta. Perciò mi fanno letteralmente impazzire le donne più o meno anziane che, grazie anche ad una buona salute, hanno l’esistenza sempre occupata, utile e positiva. Quelle che riescono ad essere ascoltate e autorevoli fino all’ultimo giorno di vita, quelle che lasciano in tutti una traccia di sè a cominciare da vive e poi diventano indimenticabili e citatissime da morte.

Un esempio luminoso di anziane che mi piacciono è certamente Rita Levi Montalcini, ma quella sta proprio nell’Olimpo delle dee. Le comuni mortali in genere vivono una vecchiaia durissima, angariata dall’indigenza, dalla solitudine, dall’abbandono. Ma anche nelle condizioni più difficili, mi ha sempre colpito l’impegno con cui le anziane cercano di chiudere la loro vita: con una dignità che non trova l’uguale nei coetanei uomini, i quali si abbandonano totalmente e spesso in modo assolutamente indecoroso.

Dicono che la vecchiaia bisogna “organizzarsela” per tempo. Il punto è: come? Personalmente penso che leggerò e rileggerò tutto quello che ho dovuto accantonare negli ultimi vent’anni, che finirò di scrivere le duemila pagine che ho incominciato e lasciato per l’aria, che seguirò tutti i programmi e le conferenze che oggi devo tralasciare. Addirittura sono così determinata in questo mio progetto, che ai miei ragazzi ripeto sempre: “Volete proprio conoscere la fantastica gioia di aver figli? Accomodatevi pure, ma non portatemi marmocchi da spupacchiare perché io ho altro da fare che allevare nipoti!”.

Ma poi mi chiedo: e se mi abbandonasse la vista? Tutto il mio bel programma se ne andrebbe in malora. Il pensiero mi è così disperante che subito lo respingo.

Mia madre: una donna vissuta ai limiti della subordinazione, non a mio padre che l’adorava, no di certo, ma al Sistema che non le permise di esprimere la sua creatività, il suo humour, la sua intelligenza.

Adesso, di anziana, mi è rimasta soltanto una zia. E la adoro. Non perché sia mia zia, cosa in sè del tutto insignificante, ma perché fu lei a mettere il primo mattone nell’edificio della mia cultura personale: avevo dodici anni quando mi regalò “Il diario di Anna Frank”. Da quel giorno divenne la mia pigmaliona.

Come una piccola apprendista stregona, la aiutavo a recapitare “Noi donne” a quelle poche intrepide che quarant’anni fa parlavano di emancipazione e rivendicazioni. E intanto lo leggevamo insieme. A diciotto anni, infine, proclamandomi donna, mi insignì di una copia del “Manifesto”. Da allora cammino con le mie gambe.

Per tornare al nostro tema e fare un’ultima riflessione: se la vecchiaia non è mai stata una fase gradita dell’esistenza, quella femminile è stata sicuramente presentata nelle donne come il declino definitivo e fallimentare della vita intera. Oggi, poi, il rifiuto della vecchiaia è diventato di una durezza senza precedenti: nella prima metà della vita lo star system ci vuole siliconate e liposucchiate, nella seconda metà veniamo considerate del tutto “fuori gioco”, vecchie streghe da accantonare, esorcizzare e disprezzare. E resistere a questa ondata di crudeltà mentale è ogni giorno più difficile.

Ma ignorare la vecchiaia, camuffarla, negarla, è un crimine contro la natura il cui scotto prima o poi viene pagato prima dal singolo/a e poi dalla società tutta intera. Ho sempre dedicato il minimo indispensabile al mio aspetto esteriore, curando invece incessantemente l’estetica del cervello, dal quale dunque, per la mia prossima vecchiaia, mi aspetto molto più di quanto non avrebbero potuto dare le mille sedute mancate dall’estetista o dal parrucchiere.

Raffaella Maucieri

torna a ....