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Paola Zaffonato

Corpo a corpo con un’altra età

L’esperienza di una ventenne in una casa per anziani

Da Miopia n.30, settembre 1997, numero monotematico IL TEMPO DI ECATE

 

Ho lavorato per qualche anno come assistente geriatrica domiciliare e a periodi brevi in casa di riposo. A domicilio ho conosciuto delle persone bellissime, con le quali ho potuto instaurare un rapporto di fiducia, rispetto, amicizia, dialogo. A casa sua l’anziano riesce a rimanere se stesso, una persona con la sua dignità, la sua autorità e un minimo di padronanza di sè.

Ho però potuto notare che un po’ tutte le persone anziane che assistevo vivevano in un tempo senza tempo, senza scopo, senza fine. Un tempo lento, in solitudine, ovattato, con poche o nulle speranze e aspettative. Basato sulle piccolezze della quotidianità: il cibo, il dormire, la TV.

Pochi riuscivano ad avere un carattere così forte e grintoso da non soccombere alla malinconia, alla fatica e al peso delle tribolazioni di una vita. Quando si è vecchi si perdono gli affetti. Iniziano a morire gli amici, i parenti, il proprio compagno di vita, a volte pure i figli.

Mi sono accorta che, ad un certo punto, l’anziano si lascia vivere, non avendo più reali motivi per tenersi vivo. Molti desideravano la morte come fine delle tribolazioni, ma anche perché realmente stanchi della vita. La morte non è una cosa temuta, le sofferenze sì. La maggior parte degli anziani che io seguivo erano rimasti soli al mondo o con figli e parenti lontani. A differenza da ciò che si può pensare questa in fondo era la loro fortuna. Con l’aiuto e l’assistenza fornita da vari operatori del Comune, bastava essere un minimo autosufficienti per poter vivere tranquillamente in casa propria.

Pare impossibile, ma nelle case di riposo ci sono più anziani con figli e parenti vicini.

Purtroppo spesso quando si diventa vecchi si subisce una perdita di potere. I figli, i parenti più prossimi riescono a “liberarsi” del vecchietto scomodo, soprattutto se in ballo vi sono case o eredità.

Per cui con la perdita del fisico, degli affetti, con l’indebolimento generale si ha la perdita di autonomia e soprattutto di potere.

Ciò che un anziano desidera o vuole, nella maggior parte dei casi non viene preso in considerazione.

Sono i figli o i parenti o le autorità che ad un certo punto decidono e scelgono della sua vita.

Credo che questa perdita di potere decisionale sia la cosa più terribile che possa accadere ad una persona vecchia ma sana di mente.

Purtroppo ad un certo punto non si è più considerati persone, non si è più rispettati e temuti.

Soprattutto nelle case di riposo dove apparentemente tutto è bello, pulito, efficiente; il personale è spesso carente, fa salti mortali per sopperire ai bisogni primari degli ospiti (cioè al lavaggio, al cambio, al vitto, eccetera). Nella maggior parte dei casi vengono a mancare le relazioni, gli scambi interpersonali, non sempre per colpa degli operatori, ma dell’intero sistema di gestione. L’operatore si trova a dover maneggiare del “materiale umano” quasi come un oggetto.

In casa di riposo l’anziano di suo possiede solo il nome, spesso neppure gli abiti o un oggetto personale accanto.

A causa della non autosufficienza, il vecchio viene trattato come un bambino, gli si dà del tu e gli si parla come a un “piccolo deficiente”.

Davanti non si ha più una persona. La vecchiaia ci sconcerta, di fronte ad essa assumiamo atteggiamenti inusuali, anche ridicoli.

Inoltre quando si entra in casa di riposo come ospite, si sa che c’è un solo modo per uscire da lì e probabilmente in molti si augurano di raggiungerlo presto.

Con tutte queste premesse, come si può vivere con serenità e accettazione l’avvicinarsi della vecchiaia?

Esistono finora alternative valide per cui la persona si senta tale, cioè soggetto pensante e non oggetto anche se in tarda età?

Sono pochi i fortunati anziani che riescono ad essere padroni di se stessi, ad avere una vita sociale, degli interessi e la possibilità di coltivarli.

Probabilmente oltre che un carattere personale forte, grintoso, ci vuole anche un pizzico di fortuna nelle persone che ti circondano, nel fisico che non ti abbandoni del tutto, nella lucidità mentale e perché no, anche buone possibilità economiche.

Sono comunque convinta che bisogna fare tutti un salto di qualità culturale, per restituire un po’ di sogni, un po’ di svaghi, un po’ meno solitudine, un po’ di qualità di vita anche a chi è in fondo ai suoi anni.

Paola Zaffonato

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