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Elena Fogarolo

Dono dannato

Sul bisogno femminile di regali

Da Miopia n.11/12, aprile 1992

 

Alcuni regali (1) fanno parte della mitologia femminile fin dall’infanzia: l’anello di fidanzamento è tra questi. I produttori di gioielli cercano di far entrare nelle stesse aspettative mitologiche anche la veretta di diamanti (per il primo figlio o per un anniversario).

Insomma a guardare la pubblicità si potrebbe avere l’impressione di un lui eternamente prostrato davanti a una lei fredda ed insolente, nonché potente, a cercare di ingraziarsela con doni.

Le cose sono molto più complicate, e purtroppo l’investimento emotivo che la donna ha nei confronti del regalo è molto alto e innegabile.

Al fondo di un tale bisogno di regali, c’è un confuso senso di avere il diritto a quei regali. Ancora più in fondo, c’è il senso che lui ha il dovere di farli. Nel fondo più fondo, c’è la rabbia che lui non dia abbastanza.

L’entrata delle donne nel mercato del lavoro è cosa recente; come apprendiamo dai testi di storia e di sociologia, si trattava, fino a vent’anni fa, di episodi, di situazioni eccezionali, di brevi stagioni: la monda, la vendemmia, oppure i lavori maschili se gli uomini erano alla guerra.

Le donne in campagna hanno sempre lavorato: ma in campagna l’uso del denaro è sempre stato scarso.

E’ stato solo con l’avvento della società urbana e con la famiglia urbanizzata che ci si è trovati davanti a un fenomeno così chiaro: i soldi li ha lui e a sua volontà li dà a lei.

Attualmente in molte famiglie lavorano entrambi. Ma le faccende domestiche le sbriga quasi sempre – tutte o in gran parte – la donna. Questo lavoro in più nella coppia crea un’ingiustizia profonda: anche la più tradizionale delle donne ha qualcosa che la agita dentro mentre lei si affanna dietro casa e pargoli e lui indifferente legge il giornale.

Questa disparità di sforzo, di impegno nella famiglia viene riconosciuta e compensata simbolicamente con i regali: per la festa della mamma, per la festa di san Valentino, per Natale, per il compleanno, per l’anniversario di matrimonio. In teoria i regali dovrebbero essere reciproci, ma di fatto non lo sono. E’ lui che deve regalare a lei. E, in genere, lo fa. Magari è un fare abbastanza fittizio, nel senso che lei arriva a ricordargli la ricorrenza, gli ordina cosa prendere, magari vanno in negozio insieme, lei sceglie e lui paga. Però l’ideale è il pacchetto ben confezionato, la sorpresa: sorpresa impossibile perché per fare una sorpresa ad una bisognerebbe che lei si dimenticasse della ricorrenza, che fosse meno rabbiosamente conscia di quanto lui è in arretrato.

E’ difficile che il regalo sia tale, per costo e per bellezza, da azzerare i debiti di lui: la piantina (magari quell’orrenda azalea, associata al cancro, per la festa della mamma), il rametto di mimosa, il foulard a Natale sono dei risibili acconti di un debitore che dimostra in tal modo di non poter pagare mai. E spesso i regali aumentano la rabbia invece di portare catarsi.

Un altro regalo mitico per molte donne è la pelliccia: oggetto controverso, messo all’indice da animalisti e ambientalisti. Ma se una donna ci ha investito il proprio senso di identità, di donna completa, amata, bella, ecc. difficilmente si fermerà davanti a considerazioni razionali.

Perché appunto tutto ‘sto giro di regali, in particolare da lui a lei (gli altri hanno meno importanza) sono dei pagamenti; anzi qualcosa di più: sono delle truffe. Lei viene illusa dai primi regali (che lui probabilmente ha scelto con la madre) che l’uomo sarà sollecito, che la vita materiale migliorerà, ecc.

Nessuno le dice chiaramente quale monte ore di faccende domestiche dovranno ripagare quel bell’anello con brillante che lei crede un dono, qualcosa di gratuito, un omaggio alla sua bellezza, al suo fascino.

Oltre alle faccende di casa, c’è naturalmente l’altra ben nota asimmetria nella coppia: l’impegno affettivo di lei, le parole, i gesti, la comprensione che lui – per l’educazione ricevuta – ritiene di poter ricevere gratis, senza alcuna controparte, solo perché è un uomo.

Nelle coppie tradizionali, dove lui lavora fuori casa e lei in casa, c’è in apparenza meno asimmetria, più rispetto se non soggezione per il lavoro di lui, unica fonte di reddito. E lei, sostanzialmente fuori dall’economia, sembra accontentarsi di più di questo regime di regali. Ma le depressioni tra le casalinghe, il numero di alcolizzate, l’invidia che esse provano per le donne che lavorano, sono una spia che ormai l’ingiustizia economica delle donne ha raggiunto livelli non più sopportabili.

Le donne che lavorano, che entrano in un’economia di mercato, che sanno valutare quanto costa un’ora della loro fatica, entrano molto presto in conflitto con il compagno di affari familiari: pretendono più aiuto e anche più regali, sentendosi spesso sciocche per questa esigenza.

I veri doni tra innamorati sono i primi, le sciocchezze che si scambiano come due bambini, un sasso della riva dove hanno passeggiato insieme, un fiore essiccato di un certo prato ecc.

Quando il rapporto si istituzionalizza, iniziano le prime crepe, le prime dissonanze.

L’abito da sposa, sempre più voluminoso, con strascichi sempre più lunghi con sempre più pizzi è la beffa carnevalesca con cui, per un giorno, si omaggia da regina la serva da domani a sempre.

 

1 – Sottinteso: regalo dell’uomo alla donna. Il regalo da donna a donna è raramente istituzionalizzato. Un esempio è dato da una tradizione abruzzese, per cui la suocera un tempo regalava alla nuora un tipico gioiello a forma di stella in oro o in argento. Questo gioiello è attualmente designato come “la dispettosa” o con altri termini che distorcono l’originario significato amicale del gesto.

Elena Fogarolo

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