La trama in breve: lui (Johnny, interpretato da Al Pacino), appena uscito dal carcere dove ha scontato una condanna per truffa (ma dove ha imparato a cucinare), trova lavoro come cuoco in un ristorante. Dove c’è lei (Frankie, interpretata da Michelle Pfeiffer), che fa la cameriera, e di cui lui in breve si innamora. Ma lei ha sofferto troppo per gli uomini e in particolare per uno, che l’ha fatta abortire a calci, rendendola sterile; è terrorizzata dall’idea di una nuova relazione, non vuole parlare del passato e, benché attratta, fa resistenza alla corte assillante del cuoco ex detenuto. Alla fine lui riesce ad entrarle nell’anima, a intromettersi nelle abitudini e nelle relazioni che lei ha pazientemente costruito sulla sofferenza. Riesce infine anche a farle tirar fuori le parole che gridano gli orrori subìti, e a imporsi come l’uomo della sua vita. Lei smette di avere paura di amare e lo ama.
Una trama d’amore, quindi, apparentemente simile a quella di altri film d’amore. Ma se i film d’amore occidentali, specie se recenti, sono spesso una più o meno blanda apologia matrimoniale-patriarcale (ben rari quelli che propongono una via, o almeno degli spunti per un autentico amore eterosessuale), Paura d’amare fa eccezione, non rientra in quella categoria di film blandamente apologetici, è un film di propaganda dura, un film minatorio, ricattatorio, assillante, studiato per indurre le donne a sposarsi e soprattutto a non lasciarsi scappare l’occasione - rarissima anzi irripetibile - di prendere al volo l’uomo della vita. Per questo scopo fa leva su un vero e proprio terrorismo psicologico, tanto più efficace in quanto il film è complesso e si avvale di un’ottima regia e di bravissimi attori (splendida Michelle Pfeiffer nell’interpretare una splendida Frankie, efficacissimo Al Pacino nel ruolo del nevrotico compulsivo).
La sceneggiatura rivela inoltre una conoscenza psicologica non comune della universale sofferenza femminile in regime di patriarcato. La protagonista femminile è volitiva, intelligente e molto segnata - appunto - dalla sofferenza (sarebbe quel che si dice un bel personaggio, se non fosse offuscata da una certa confusione delle sue scelte).
Ma quale è dunque il messaggio? Anzi, i messaggi?
1) Il mondo è assolutamente orribile. Il mondo, nel caso, è la città di New York, rappresentata con l’enfatizzazione estrema del male che negli ultimi anni sembra prevalere nei mass media (l’efferatezza e il degrado del mondo si rivelano quotidianamente agli occhi della protagonista grazie alla totale assenza di tendine nei condomìni antistanti il suo appartamento).
2) Le donne corrono sempre il rischio di una spaventosa solitudine. E qui si va giù di brutto: l’anziana cameriera che muore “da sola”, quattro gatti alla cerimonia funebre, e neanche fino alla fine. L’altra anziana collega ridotta a parlare con le tartarughe nel suo appartamento, dove vive “da sola”. Non stupisce che il panico della solitudine, cioè di finire sole, di invecchiare senza uno straccio d’uomo a fianco, senza figli, sia comune a tutte, anche a Frankie (in cui però vince la paura di ripetere l’esperienza di un rapporto eterosessuale). Riassumendo, giovani o vecchie o di mezza età, le donne non possono che aspettarsi una spaventosa solitudine, una vita misera e grigia, un ineluttabile vicolo cieco. Le aspettative appaiono già migliori per i neri (purché maschi): vedi il caso del giovane collega che tra grandi festeggiamenti abbandona il posto di cameriere per andarsene a Hollywood quando un produttore cinematografico gli compra una sceneggiatura.
3) In questo mondo spaventevole e solitudinogeno, non c’è che una chance: lasciarsi amare da un uomo, quindi amarlo.
3-bis) Se l’uomo che ti vuole magari ti piace, ma proprio non ti convincono certi lati del suo carattere, ricorda sempre che il tuo giudizio potrebbe essere sbagliato, e comunque sei circondata da molti uomini molto più schifosi di lui. Quindi, sei praticamente obbligata a dire di sì.
3-ter) Una corte incalzante potrebbe essere scambiata per molestia o aggressione (e questo nel film accade un paio di volte, in una interviene saggiamente e generosamente l’amico omosessuale di Frankie): attenzione! le molestie potrebbero non essere affatto molestie, ma vero amore! scambiando l’amore per molestia potreste giocarvi la vita!
A sostegno del messaggio n.3 si odono cose inaudite sinora. Si va dal “esci con me sabato sera! ricorda che il sabato è il giorno più triste! sabato sera, sei sola, dài, vieni con me” al lungo argomentare che Johnny sfodera nel corso di uno dei colloqui cruciali che egli intraprende con Frankie per farsi accettare:
“Frankie, occasioni come queste non capitano spesso, le devi afferrare perché se no spariscono per sempre e ti potresti ritrovare non soltanto - con licenza parlando per l’ultimissima volta - a scoparti una persona qualsiasi incontrata per caso, ma a credere di esserne innamorata sul serio e magari a sposarla”,
e, più avanti, nel delirante crescendo della summa teologica di Johnny sulla necessità di cogliere l’occasione irripetibile (che è da lui incarnata, ovviamente):
“Perché vuoi che me ne vada dimmi perché vuoi che me ne vada?” “Perché voglio... voglio restare sola. Senti, voglio guardare il mio VHS, voglio mangiare un gelato, voglio andarmene a dormire!” “Ah, andiamo! da sola! ma che accidenti! Guarda che prima o poi sarai costretta a fare i conti con noi due. Mettitelo in testa, non ci sono alternative, chiaro? Allora perché non ci sbrighiamo e la facciamo finita subito?”.
Johnny è un parlatore ossessivo, asfissiante. Eppure il suo corteggiamento, che si avvale della stessa parlantina esibita in ogni occasione, pur irritando è vincente. Spesso la donna irritata si disirrita e anzi si scioglie perché nel “sacco di stupidaggini” che egli dice, coglie (misteriosamente per noi che seguiamo il film) il raggio di luce, la verità che le fa intravvedere salvezza.
Johnny potrebbe esser inteso come un terapeuta: uno che sa bene cosa deve fare, cioè arrivare alla catarsi della paziente facendole dire le verità rimosse con tecniche anche sgradevoli, con insistenze necessarie, con trucchi. E infatti è proprio quando Frankie confessa in un pianto liberatorio le sevizie subite dal precedente partner e mostra le cicatrici che nessun uomo al mondo potrà cancellare, che la cosa è fatta, cioè Johnny viene accettato.
Il film suggerisce - mi pare - che ogni uomo sia potenzialmente terapeutico.
Curiosamente, per trovare un uomo che sia non solo un innamorato appassionato e intraprendente ma un uomo che parla, si è dovuto parare in un maniaco affabulatore.
Le donne sono in sostanza invitate a proiettare in un qualsiasi individuo nevrotico e confuso il bisogno reale di un essere umano se non salvifico quanto meno protettore, e a inventare anche la sua intraprendenza.
Gastone Redetti