Steven Spielberg, autore di film molto poco impegnati e molto di cassetta, è riuscito a fare questo film bellissimo - io credo - proprio perché non è un regista “impegnato” e fa film “di cassetta”. Spielberg si attiene rigorosamente al tema ma, istintivamente, si limita a sfiorare, senza insistere troppo, quanto risulterebbe emotivamente eccessivo trattando dei campi di sterminio e di lavoro tedeschi. Il film che ne è uscito è quindi - nonostante l’orrore del tema - sopportabile, cioè accessibile.
Mi sembra ovvio che ciò che ha attratto (e anche “salvato” dal punto di vista artistico) il regista, è la figura di Oscar Schindler. Inutile stare a chiedersi se Schindler fosse stato un profittatore: egli stesso lo ammise. Certo è stato - usando un termine arcaico - un peccatore: un peccatore che si redime.
In Schindler c’è una nota simpatica, su cui il regista insiste molto: l’ingenuità. Schindler sogna il successo, sogna di diventare un uomo importante e ricco, ma non ci riesce. E’ come un eterno bambino, e tutto gli va a rotoli.
Ed ecco, la guerra. Quella guerra. Così assurda orribile sadica violenta. Nella generale sovversione di valori, Oscar si fa strada. La gente è divenuta facilmente corruttibile, basta fare offerte adeguate. I corruttibili sono simili a Oscar, gente balzata in alto per follie del caso, non per meriti personali. E nello stesso tempo, gente del tutto diversa da Oscar: Oscar vuol fare soldi, gli altri sono penetrati più a fondo nell’inferno del sadismo, adorano un pazzo che vuole sterminare il mondo...
Ma i pazzi delle SS e Oscar si intendono: loro gli dànno gli ebrei come manodopera per un motivo diverso da quello per cui lui li prende, ma lo scambio avviene, la fabbrica di Oscar comincia ad andare, e lui finalmente è ricco.
Oscar non lo sa, ma si è attorniato di angeli. Quella gente senza alcun diritto, quegli ebrei che sono suoi schiavi, hanno tradizioni e sapienze antichissime, e lo conoscono presto meglio di quanto lui conosca se stesso. E giorno dopo giorno lo spingono alla salvazione. Senza fretta: perché un Oscar diverso non li potrebbe aiutare più, deve rimanere il più possibile quel ragazzone ingenuo, spontaneo, geniale a modo suo.
Oscar Schindler non ha semplicemente salvato mille e cento ebrei, diciamo così, a mucchiate. Egli ha portato quegli ebrei “dentro” la guerra che li voleva morti, ha costruito attorno a loro un muro intangibile, per cui non sono stati affamati torturati uccisi. Si sono sposati, hanno amato, hanno potuto sperare.
Quando Oscar è troppo cambiato per rimanere così vicino alle SS, prende gli ebrei e li porta al paese natale. Li mette in una fabbrica fantasma, dove non si vuole solo salvare gli ebrei, ma - ormai più audacemente e più consapevolmente - boicottare l’esercito tedesco.
E poi, alla fine, l’ordine ritorna, le cose ritornano a chiamarsi come tradizione e giustizia comandano: e lui è uno schiavista profittatore, deve fuggire, nascondersi. Così hanno deciso quelli che non lo conoscono.
Ma i “suoi” ebrei, sanno. Nella notte, con un dente d’oro che uno di loro sacrifica alla causa, gli forgiano un anello, con la scritta: chi salva una vita salva un mondo. E’ il momento dell’addio: Oscar riceve l’anello, si commuove, pensa che non ha fatto abbastanza, rimpiange di non aver venduto la macchina e tutto il resto. Ma gli ebrei sanno: Oscar li ha salvati perché aveva quella macchina, quelle debolezze, quei sogni, in apparenza così distanti dal loro destino, e soprattutto dalla loro salvezza.
Ora Oscar è redento: ma quest’uomo redento non sarebbe più capace di salvare 1.100 ebrei. Troppi scrupoli, troppe delicatezze spirituali, in quei tempi non servivano a niente.
I colori, che sono spariti all’inizio del film per meglio significare la caduta nera di cui si andava a raccontare, possono ritornare: il cielo torna azzurro, e all’orizzonte appaiono le persone: non sono più attori, sono le persone che Schindler ha salvato, e i loro discendenti.
Veniamo informati da una didascalia che scorre sullo schermo che dopo la guerra Schindler non combinò più nulla, che anche il suo matrimonio andò in pezzi. Però gli ebrei l’hanno chiamato a Gerusalemme, inserendolo tra gli uomini giusti.
Il volto dei santi è misterioso.
E.F. [Elena Fogarolo]