La perdita delle librerie
Mi ha insegnato la prof di lettere, ad andare in libreria: “In via Tal dei Tali (a Padova), c’è la tal libreria e lì chiedete del signor Adriano”.
Il signor Adriano mi aiutò poi per circa un decennio a trovar libri dentro e fuori catalogo, o addirittura “dell’altro mondo”. Ricordo quando mi arrivò La femme et le socialisme: era stato stampato al di là della cortina di ferro e lo avevano fatto salire al nord fino al mare, dove i controlli erano evidentemente meno severi; il libro era stato poi imbarcato su una nave, portato in un paese al di qua della cortina e di lì aveva ripreso a scendere verso il sud... Rimasi stregata a guardare la quantità di francobolli che ornavano la busta che mi arrivava con quel libro, intuii che era in atto una pacificazione, che in effetti ci fu...
Poi ci furono tante altre librerie, ognuna con le sue caratteristiche. Visto il prodotto che vendevano, quando non si trattava di un acchiappa e fuggi vacanziero, sempre si instaurava una relazione diversa con un libraio: la libreria non era un negozio fra i tanti.
E adesso, c’è questo silenzio di morte.
I libri me li inviano per corriere da una delle grosse librerie che rimangono nel nord dell’isola dove abito. Al nord dove ci sono anche le università.
Praticamente in libreria non entro più. O quasi.
Trovo libri ai mercatini dell’usato, bei libri editati dai quotidiani più venduti qui, chic quasi come quelli dell’Einaudi...
E ovviamente leggo molto sul lettore elettronico.
Ma il libraio... che perdita. Non erano relazioni sempre idilliache, erano però relazioni. A volte frustranti per le due parti, a volte, senza volerlo, provocatorie. Come quando (anni dopo i miei primi passi in libreria) mi trovai a voler fare un regalo a una collega. Cerco qualcosa in una piccola libreria di paese. Chiedo al proprietario: “ma non ha libri di donne?”. E, prima che lui mi risponda, una voce femminile (quella della moglie) proveniente da dietro gli scaffali, dice all’uomo: “e io cosa te lo ripeto a fare? Di donne!”. Alla fine uscii dalla libreria con l’autobiografia di Jung.
E le librerie delle donne? Come in un pellegrinaggio, se andavo in una città dove ce n’era una, cercavo sempre di comprare qualcosa.
E anche qui in Spagna, come avrei fatto senza le librerie e i librai? Sfogliavo i libri sugli scaffali, sceglievo fra quello che mi si offriva, eventualmente ordinavo e aspettavo una comunicazione per telefono o sms.
Ma ovvio, non sarebbe stato lo stesso con il libro elettronico.
Perché il libraio, come venditore e intermediario di parole, mi dava senza accorgersene delle lezioni di spagnolo che avrei fatto molta fatica a trovare, così sintetiche, sul dotto libro di grammatica spagnola per l’università che mi accompagnava.
L’ebook ti butta dentro la solitudine un altro po’. Come nei libri di fantascienza. I rapporti con gli altri si diradano.
I lavoratori si diradano.
Una prof di lettere può insegnare ad usare un ebook ma non potrà più dire: in via tal dei tali, alla libreria tal dei tali, chiedete del signor Adriano... e poi il signor Adriano incrociarlo in bicicletta, io adolescente quasi sempre carica di fiori selvatici... e ci servivano, i fiori, per collegarli ai libri... e i libri ai fiori...
Adesso, nella mia cittadina di riferimento, ci sono tanti negozi di vestiti, le farmacie, i supermercati, le edicole... i ferramenta e poco più. Anche i negozi di film hanno chiuso, resiste uno che noleggia DVD.
C’è ancora un libraio, piccolo, ma i distributori lo snobbano, praticamente lavorano solo con le grosse librerie del nord. Due o tre soltanto, in tutta l’isola.
Un altro pezzetto di solitudine gela la mia costa dove prima contattavo altre persone.
Elena fogarolo