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Good bye Lenin

Regia di Wolfgang Becker

Germania, 2003
con Daniel Brühl, Katrin Sass, Čulpan Nailevna Chamatova

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Una locandina del film

Siamo nel 1988, in un quartiere di Berlino est, la parte cattiva di Berlino, quella sbagliata, quella comunista. Il regno del diavolo, come è stata definita da qualche bella testa in occidente.

Christiane è per strada, si sta avviando a una festa del partito dove è previsto, tra l’altro, che lei riceva un pubblico riconoscimento. La donna è una persona per bene, condivide gli ideali migliori della sua nazione e cerca di metterli in pratica. Nel tragitto si imbatte in una manifestazione giovanile e vede suo figlio mentre è picchiato dalla polizia.

Per lo shock, si accascia a terra ed entra in uno stato di coma da cui si risveglierà otto mesi dopo.

Nel frattempo, mentre lei dorme, cade il muro di Berlino. Ora si può andare nel corrotto occidente come si va al supermercato all’angolo, le pubblicità dei prodotti occidentali si fanno spazio un po’ dovunque, la figlia lascia l’università, il figlio s’innamora di Lara.

Poi, Christiane si sveglia dal coma: i medici dicono che è fragile, che bisogna evitarle ogni brusca emozione.

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Lara (Čulpan Nailevna Chamatova)
e Alex (Daniel Brühl)

Che emozione più grande di vedere come, in così poco tempo, è cambiata Berlino?

Alex, il figlio di Christiane, cerca di proteggere la madre da un impatto troppo brusco con la nuova realtà.

Ma persino quel che si mangiava fino a pochi mesi prima è sparito dai supermercati, sostituito dal cibo occidentale. E parliamo di vasetti di sottaceti e prodotti similari, niente di esotico e costoso.

Alex cerca, tra i rifiuti, i contenitori dei prodotti socialisti. Qualcosa trova e trasferisce con cura il cibo occidentale dentro i vasetti recuperati, che ha lavato bene, e sui quali reincolla le etichette di una volta, quelle cui la madre è avvezza.

Ma il mondo lì fuori cambia così rapidamente... e in scala sempre più grande.

L’impegno di Alex per nascondere la realtà alla madre diventa sempre più arduo.

Denis, un amico di Alex patito delle nuove tecnologie, scatena la sua fantasia nell’inventare telegiornali che spiegano la nuova realtà mantenendo l’ottica socialista che Christiane ama.

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Christiane (Katrin Sass) con Alex

Alla finestra della stanza in cui giace l’inferma compare un giorno un’enorme pubblicità della coca cola, pubblicità che la madre non può ignorare. Il finto telegiornale spiega allora che la coca cola in realtà è stata inventata da una cooperativa socialista.

Per il compleanno della madre Alex organizza una piccola festa nella stanza di lei. Paga due ragazzini perché, vestiti da pionieri, vengano a cantare canzoni socialiste.

La sorella di Alex è stufa di questa farsa. E anche Lara, la fidanzata, ha dei dubbi se non ci sia qualcosa di malsano, nell’ostinazione di Alex. D’accordo l’amore per la mamma, però...

In Alex e nel suo amico Denis, l’inventore degli strampalati e geniali telegiornali, c’è sì la voglia di agevolare la vita della donna malata, ma anche una felicità giocosa, una sfida quasi infantile all’ordine del nuovo mondo.

E siamo al momento clou, alle vette artistiche di Denis.

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La recita dei pionieri

La madre vede masse di cittadini della Berlino dell’est riversarsi in occidente? Niente paura: Denis la informerà che masse di cittadini di Berlino ovest, nauseati dal consumismo eccetera, stanno invadendo Berlino est. C’è addirittura un problema logistico, per alloggiare tanti profughi.

Dietro il divertimento dei due amici, si indovina il divertimento del regista, degli sceneggiatori che giocano all’eterno gioco: “e se...” … “e se facessimo finta che le cose sono andate all’incontrario?”

Il grande successo del film, il più grande successo di un film tedesco, dimostra come anche il pubblico si sia divertito a giocare con chi il film lo ha creato...

Dopotutto: non potrebbe essere andata anche così?

C’è una parte di noi che rifugge dallo spreco, anela a una comunità più giusta e se ne infischia degli specchietti che affascinano le gazze. Almeno in un momento della vita di noi tutti, non c’è stata condivisione, o almeno un avvicinamento alle idee “avversarie” di qualsiasi tipo? Non siamo, per fortuna, così monolitici come ci piace pensare.

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Il falso telegiornale

Però, per quanto si dia da fare Alex, per quanto grande sia l’inventiva di Denis, la madre peggiora e muore.

Alex è riuscito a mantenere vivo, nella stanza di lei, il mondo in cui lei credeva.

Il funerale della madre avviene sul tetto di un palazzo: le ceneri della morta vengono lanciate, con un modesto missile casalingo, in cielo.

Il che è proibito in tutte e due le Germanie.

In tutte e due le Germanie, in effetti, la morte è ideologicamente proibita.

Good bye Lenin è un film raro, soprattutto considerando che si tratta di una commedia: in genere, non si può mettere in discussione, addirittura farsi gioco delle credenze fondanti di una società.

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Travasando prodotti capitalistici

Il regista approfitta del momento storico (il grande cambiamento è avvenuto l’altro ieri e non è ancora stato metabolizzato) per ridere non tanto di quello in cui crediamo –pare che una visione del mondo condivisa sia necessaria– ma dell’accanimento, dell’ingenuità con cui ci attacchiamo alle nostre idee.

Se la coca cola non è più una semplice bevanda un po’ più recente dell’acqua e limone, se è diventata un simbolo del male, del capitalismo... è ovvio che rimarrà una semplice bevanda rinfrescante anche se è stata inventata da una cooperativa socialista. Le idiozie ideologiche stanno da tutte e due le parti del muro.

Per cui per tutta la durata del film assistiamo con gioia, con leggerezza a questa partita di tennis in cui la palla va da un lato all’altro del muro: una idiozia a te, una a me, un pensiero azzeccato a te, uno a me... sapendo che è tutto un gioco, solo una partita di tennis, e che il muro che cade è solo una rete, leggera, bucata, che in un attimo si può riavvolgere per portarla via.

Elena Fogarolo

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