torna al livello superiore

Magdalene

Regia di Peter Mullan


The Magdalene Sisters, R.U. 2002,
con Anne-Marie Duff, Geraldine McEwan, Anne-Marie Duff, Nora-Jane Noone, Eileen Walsh


I Magdalene Asylums (conosciuti anche come Magdalene Laundries) erano istituti femminili gestiti da suore fondati a partire dalla seconda metà del 18.mo secolo in Irlanda, Inghilterra e altri paesi anglofoni. In essi furono recluse, in una condizione che oggi definiamo di schiavitù, migliaia di ragazze e donne colpevoli di aver concepito un figlio fuori dal matrimonio o semplicemente tacciate di immoralità. Molte di queste ragazze erano orfane, ma molte altre furono internate con il consenso o per iniziativa della loro famiglia. L’ultimo istituto Magdalene fu chiuso nel 1996.



Una locandina
Una locandina
(Link da www.impawards.com)

Il film delinea le struggenti vicende, basate su dati biografici reali, di quattro ragazze, tra le quali spicca Margaret.

Nelle scene iniziali vediamo Margaret adolescente che partecipa a una festa di matrimonio. Allegria e musica, vino che scorre in abbondanza. Un cugino conduce Margaret al piano superiore, con il pretesto che le vuole mostrare qualcosa. Margaret si fida, sono stati bambini insieme, e segue il cugino in una stanza, dove lui la violenta.

Dopo un po’ Margaret ritorna tra i parenti e si sfoga con una giovane donna. Che parla con un’altra donna. Che parla con un uomo. Che parla con il padre della ragazza. Che parla con il prete.

Gli occhi di Margaret fissano queste persone che bisbigliano tra di loro parole che lei non può udire. Il viso della ragazza manifesta segni di spavento ma anche un’infantile fiducia. Margaret si aspetta soccorso.

E, in un modo deforme, il soccorso arriva. Margaret ha perso la verginità, sicuro non è colpa sua, ma il fatto è quello. E viene presto rinchiusa con le Magdalene perdute.

Rose (Dorothy Duffy), Bernardette (Nora-Jane Noone) e Margaret (Anne-Marie Duff) al loro ingresso nell’istituto, precedute dalla superiora (Geraldine McEwan)
Rose (Dorothy Duffy), Bernardette (Nora-Jane Noone) e Margaret (Anne-Marie Duff) al loro ingresso nell’istituto, precedute dalla superiora (Geraldine McEwan).
(Link da http://viola.bz)

Il resto del film è ambientato all’interno dell’istituto e mostra i maltrattamenti e i vari abusi di cui sono vittime Margaret e le sue compagne.

Le suore crudeli e fanatiche descritte nel film possono essere paragonate alle kapò di un campo di concentramento.

La caratterizzazione delle singole suore è piuttosto schematica, solo la superiora è delineata un po’ più in dettaglio.

La vediamo sfogliare e contare banconote con un sorriso soddisfatto. Di quei soldi fa rotoli che ripone in scatole di metallo servite in altri tempi per i biscotti. La vediamo esercitare la crudeltà verso le ragazze, ora ferendole con le parole, ora sottomettendole a duri castighi fisici. La vediamo anche, in un giorno di festa, accogliere ospiti “di classe alta” con modi spiritosi e simpatici. Sa presentare bene il suo lavoro e l’ambiente. Ha un po’ di sapere mondano innato: se è severa con i sottoposti, è però mansueta, grata e quasi signora di mondo con i signori del mondo.

Margaret (Anne-Marie Duff)<br>e Crispina (Eileen Walsh)
Margaret (Anne-Marie Duff)
e Crispina (Eileen Walsh)
(Link da http://img.filmsactu.net)

Di un’altra suora ci viene mostrato un lato tra infantile e sadico. Le ragazze sono costrette a stare in riga nude e in piedi mentre la suora-kapò si dedica a un gioco perverso, volto umiliare profondamente le ragazze: “chi ha il seno più grosso e chi il più piccolo?”. Poi si esamina il sedere, il pelo pubico ecc. Quando la suora è stufa di questo miserrimo concorso di miss magadalen, ordina alle ragazze di rivestirsi.


Vorrei però ripensare a questo film da un punto di vista diverso.

È possibile, è realistico che nessuna di queste kapò abbia uno slancio di umanità, un moto che ci permetta di vedere la sua stessa sofferenza? Perché non ci viene mostrato nulla che spieghi perché quelle povere suore sono finite lì? Perché si sono incattivite così? E poi: tutte? Proprio tutte?

Sei talmente presa a compatire e a struggerti per le Magdalene, che tendi a dare per scontata la sofferenza delle suore. Non la vedi neppure.

Una lavanderia delle Magdalene
in una foto d’epoca
(Link da http://viola.bz)

Chi erano queste suore? Che vantaggi traevano dall’essere prigioniere 24 ore su 24 insieme alle peccatrici?

Sono vestite con abiti e cuffie scomodissimi. Le banconote non serviranno certo alla superiora per viaggiare in lussuose crociere o per pagarsi focosi amanti. Verranno consegnate al più presto alla chiesa, cioè ai preti.


Personalmente, una comunità di suore tanto orribile e compatta io non l’ho mai nemmeno sfiorata.

Tuttavia c’è qualcosa di familiare in queste suore. Le suore che ho conosciuto erano “anche” così, per quanto nessuna coincida con lo stereotipo della kapò malvagia del film.

Com’erano le suore che ho conosciuto?

Molto dipendeva dall’ordine: sono stata all’asilo, da bambina, con suore allegre e gentili.

Mia figlia ha iniziato il suo cammino scolastico in un asilo gestito da suore dello stesso ordine, gentili e allegre proprio come quelle della mia infanzia. In più, quelle di mia figlia erano colte. La sua maestra era laureata e aveva una sua linea didattica precisa. Tutto il gruppo sembrava davvero che cercasse di vivere in comunità applicando il vangelo. Erano spiritose, disinvolte e allegre. Andavano a concerti, pur che fossero gratis. E il giorno dopo mi chiedevano: “le è piaciuto il concerto?”. Io, che non le avevo viste, cadevo dalle nuvole. Loro si divertivano.

Manifestazione di antiche<br>ospiti delle Case Magdalene
Manifestazione di antiche
ospiti delle Case Magdalene
(Link da http://viola.bz)

Suore di altri ordini erano invece fissate col sesso, coi peccati. Una controllava che noi bambine non stessimo troppo tempo nei servizi, luogo dove si fanno peccati. I gabinetti puzzavano (forse apposta), facevano proprio schifo, ne scappavi appena potevi e ogni tanto mi chiedevo: ma che tipo di peccati si potranno fare qua dentro?

La stessa suora fissata con i gabinetti ci faceva sedere distanti l’una dall’altra, per “lasciare posto per l’angelo custode”. Se una bambina portava una bambola, la suora con gesti spiritati la ribaltava tenendola per i piedi, per controllare se la bambola aveva le mutande. Quelle senza mutande venivano espulse (erano bambole di pezza, completamente informi). Io contemplavo la pazzia della suora e l’innocenza della bambola in questione, mi chiedevo cosa vedeva la suora.

Già allora, pur non sapendo di sesso e sessuofobia, mi rendevo conto che quelle manie erano dovute all’ignoranza.

Il cattolicesimo veneto in cui sono cresciuta non era del tutto dissimile da quello irlandese descritto nel film. Le suore avevano licenza di pescare tra le ragazzine le future novizie.

Una suora cercò di pescare anche me. I nostri primi colloqui furono civili, lei mi spiegava perché dovevo farmi suora, io spiegavo a lei di non provare nessuna attrazione per quella vita. E qui avrebbe dovuto finire. Ma non finì. La storia andò avanti circa due anni, io avevo dai 12 ai 13 anni, lei era un donnone alto (aveva un bel viso, il che complicava la situazione). Nell’ultima scenata arrivò a minacciarmi l’inferno urlando, e io urlai la mia risposta scappando per i chiostri.

Purtroppo non osai chiedere soccorso ai miei genitori: e se si mettevano dalla parte della suora? Se mi ordinavano di andare in convento?

Pensavo anche che la suora poteva avere ragione e che forse io dovevo farmi suora davvero. Ma valutavo anche la mia repulsione.

Feci così un patto unilaterale con dio: “se tu in persona, senza intermediari, mi ordini di farmi suora, mi farò suora. Ma me lo devi chiedere direttamente tu”. Dopo questo patto per un bel po’ vissi nel terrore, quando entravo in chiesa, di sentire l’ordine di dio.


Tornando alle Magdalene, sentirei il bisogno di vedere anche un altro film, “dal lato delle kapò”. The Magdalene Sisters è un film per certi versi ingiusto, perché butta tutto il male su delle povere suore tenute nell’ignoranza, sfruttate non meno di altre donne e che fanno da capro espiatorio per tutto il male che la chiesa ha fatto alle donne.

Mi torna in mente la perpetua della mia parrocchia, una povera zoppa cui nessuno rivolgeva la parola. Gli adulti, ridacchiando, mi spiegarono che le perpetue dovevano essere brutte per non mettere in tentazione i preti... povera Eva tentatrice, anche zoppetta dovevi essere... chissà come ti doleva sbrigare le faccende.

Elena Fogarolo*

* Questa recensione è tratta da una bozza scritta da Elena nell’autunno 2014 e non rivista da lei.

torna al livello superiore