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Paolo Sortino

Elisabeth

Einaudi, 2011

Disponibile in ebook sia per il lettore Kindle (distr. Amazon) sia per altri dispositivi (distr. Kobo)





Elisabeth Fritzl adolescente
Elisabeth Fritzl adolescente

Questo libro viene presentato come un romanzo ma si tratta d’altro: è la storia (sì, un poco romanzata), di Elisabeth Fritzl, la ragazza austriaca che nel 1984 venne rinchiusa da suo padre in un bunker da lui costruito sotto la casa familiare in Amstetten. Elisabeth all’epoca era diciottenne e rimase sequestrata nel bunker per più di 24 anni. Il padre la violentava sistematicamente. Da questi stupri nacquero sette figli. Uno dei figli morì poco dopo la nascita.


È una storia di cui i giornali hanno parlato molto: il pregio del libro, a mio avviso, è di mettere ordine in tutte le informazioni, e di ricucirle in una narrazione che scorre con una certa coerenza.

Joseph, il padre violentatore sequestratore, in precedenza era stato in carcere per 18 mesi per violenza sessuale. E non si trattò certo di uno di quei casi in cui l’uomo può tentare di ricorrere all’argomento del “ma lei ci stava!”, dato che Joseph aveva violentato una donna tenendole il coltello alla gola, approfittando dell’assenza del marito.

Joseph Fritzl tra i poliziotti
Joseph Fritzl tra i poliziotti

Nella cittadina dove Joseph risiedeva, pare che di queste violenze sessuali nessuno sapesse niente. L’uomo faceva credere che aveva avuto rogne di affari o, meglio ancora, lasciava nel vago...


Joseph inizia a violentare Elisabeth quando lei ha circa dieci anni. Sedicenne, la ragazza trova il coraggio di andare alla polizia e denunciare il padre. Un padre con quei precedenti... come è possibile che non abbiano creduto alla ragazzina? E quando due anni dopo Elisabeth scompare, come è possibile che si creda che lei si sia allontanata di sua volontà, che si sia unita a una setta? Deve essere una ragazza ben stupida, incosciente, una che si fa mettere incinta dal primo che capita, e poi lascia uno alla volta tre figli alle cure dei genitori...

La casa  di Joseph Fritzl
La casa di Joseph Fritzl

Tre dei figli generati dalla povera donna nei ventiquattro anni di reclusione crescono nel bunker con lei, senza vedere mai il sole.

Una delle figlie si ammala, è molto grave, Elisabeth supplica il padre-marito di portare la ragazza in ospedale.

Joseph acconsente, carica la ragazza in macchina e in ospedale racconta che l’ha vista per strada, incosciente, che gli ha fatto pena... no, non sa assolutamente chi sia.

Joseph crede, anche stavolta, di aver tutto sotto controllo. Tutti hanno sempre bevuto le sue menzogne.

Schema del bunker
Schema del bunker sotterraneo

La costruzione del bunker era stata autorizzata come rifugio antiatomico negli anni della guerra fredda

Quello che Joseph non capisce, è che i tempi sono cambiati. Il personale dell’ospedale non è convinto. Viene avvisata la polizia.

Lo interrogano, lui si contraddice. A poco a poco confessa la verità.

Tecnici specializzati scendono nel seminterrato, cercano di aprire la porta blindata, ma è troppo solida.

Per cui via contro i muri del bunker. Duri e grossi ma che alla fine cedono.


Il supplizio di Elisabeth è finito? Quel supplizio sì, ma altri supplizi aspettano la donna liberata. La curiosità dei media. Lo sgomento dei figli davanti a un mondo che avevano visto solo in TV; questi figli senza denti, dalle articolazioni rovinate...

E tutti noi, dal di fuori, increduli: come è stato possibile che nessuno si sia accorto di niente?

Un angolo del bunker
All'interno del bunker

Joseph alla sera andava al bar, scherzava con gli altri avventori... uguale a loro? Almeno in parte, sì.

Joseph era un ingegnere, non era povero ma neanche ricco... non era un uomo potente... perché è stato coperto in tal modo?


L’Austria chiusa tra le sue montagne, con i suoi paesetti lindi, è shoccata. Siamo anche questo?

L’orrore è così grande che si tende a rimuoverlo. A ridurre il fenomeno a un caso particolare, all’aberrazione di un pazzo.

Noi, che diamine, siamo il paese di Mozart, di Vienna, di Salisburgo, di Sissi, di “Tutti insieme appassionatamente”... come l’Italia quando è presentata tutta pizza e “O sole mio”, santi e navigatori... gli stereotipi irritano, ma nello tempo rassicurano... non vogliamo, nessuno vuole, essere anche il paese di un mostro.

Elena Fogarolo

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