George Eliot
Il mulino sulla Floss
Oscar Classici Mondadori, 1993
(Titolo originario The Mill on the Floss, 1880)
Si tratta di un romanzo, come si usa dire oggi, di formazione. Di un ragazzo e di una ragazza.
Maggie e Tom, figli di Jeremy Tulliver, agiato proprietario di un mulino, hanno un’infanzia senza privazioni, circondati come sono dalla bellezza della natura, e con una casa solida e comoda che li accoglie dopo le loro scorribande.
Maggie e Tom litigano, come accade a tutti i fratelli. Nei primi tempi, quando fanno pace, si tratta di una pace assoluta, senza riserve.
Però un anno dopo l’altro l’eden della prima infanzia viene coperto dalle nebbie dei modelli sociali che si sovrappongono all’amore reciproco.
Tom, maggiore di pochi anni, impara soprattutto fuori casa che lui è un uomo, e incomincia ad avere verso Maggie un atteggiamento misto di paternalismo e autoritarismo. Crudele, anche.
Quando si ricorda. Perché per fortuna le abitudini dell’amore infantile non svaniscono di colpo.
Inoltre, in famiglia, Maggie è protetta dal padre: per cui Tom deve addolcire i toni arroganti appresi in collegio, e rispettare, più di quanto vorrebbe, Maggie.
Tom ha le idee chiare su quel che vuole essere da grande: un uomo come suo padre, alto sul suo cavallo, il padrone. Al padre obbedisce quasi volentieri, perché è un modello piacevole in cui rispecchiarsi.
Maggie sa solo quello che non vuole essere. Non vuole essere una brava donnina che cuce. Ama leggere, ama correre per la campagna, spettinarsi e tutto il resto.
Il padre è orgoglioso dell’intelligenza di Maggie, e nello stesso tempo preoccupato per lei: a cosa serve l’intelligenza, in una donna? Lo troverà un marito che l’apprezzi, che la renda felice?
Sicuro, il padre ama e stima Maggie. Ma non può controllare tutto. Come non controlla quello che il ragazzo impara in collegio, non può controllare nemmeno le differenze di trattamento che gli zii fanno ai nipoti: quando si tratta di regalare del denaro, ad esempio, a Tom vengono regalate copiose sommette, mentre a Maggie, una bambina, pochi spiccioli... che se ne fa dei soldi, una donna? Della disparità di questo tesoro domestico Tom è ben cosciente, se ne vanta con Maggie, la disprezza...
Il tracollo economico del padre cambia radicalmente la vita dei due ragazzi: devono entrambi abbandonare il collegio, abituarsi a una vita più dura.
Per entrambi, il presente e il futuro si dipingono di nero: Tom non sarà, come aveva dato per scontato, l’erede di un padre agiato, alto sul suo cavallo. La vita deve guadagnarsela, e con fatica, molta fatica.
Maggie, non ha alternative. Qualche lavoro di cucito, pagato una miseria. Soffre, si ribella al suo destino. Infine lo accetta, questo infelice destino, ispirata da (pochi) libri religiosi: cerca di essere buona e docile in casa, con la mamma, con il padre.
I suoi passatempi sono ridotti al minimo, può passeggiare vicino a casa. Va poco in città perché ha vestiti poveri, vestiti usati che le sono ceduti da parenti più ricche.
Nelle sue passeggiate, a un certo punto non è più sola: Philip, un ragazzo con cui aveva fatto amicizia quando erano bambini, un ragazzo storpio e intelligente, diventa suo compagno, fornitore di libri, in alcuni casi suo maestro.
Sicuramente, una fonte di gioia. Fino a che le innocenti passeggiate e chiacchierate sono scoperte dal fratello Tom: che non picchia il povero Philip deforme (sarebbe per lui un disonore abbassarsi a toccarlo) ma lo copre di insulti infamanti. E trascina sua sorella via, a casa.
Tom ricatta Maggie: se torna a passeggiare con Philip, racconterà tutto al padre.
Delle fatiche di Tom per risparmiare, gli stratagemmi per guadagnare dei soldi extra, il successo di riscattare il mulino e tirar fuori la famiglia dallo stato miserevole in cui è caduta, sorvoliamo: quasi tutti i romanzi di formazione, e pure i film, hanno per protagonisti i maschi.
Per cui ritorniamo a Maggie.
Sono passati alcuni anni, pochi ma tanti quando si ha, come Maggie, solo diciannove anni. Maggie lavora in un collegio, si occupa delle bambine e nei pochi momenti liberi cuce e ricama, lei che da piccola detestava queste occupazioni. Ma la necessità...
Incontriamo Maggie in vacanza: ospite della cugina Lucy, nella bella casa di questa, vicina al fiume. Maggie è coccolata dalla cugina, e partecipa dei passatempi degli anni felici in cui anche Maggie suonava il piano, ascoltava musica, leggeva.
In questo clima sereno, di distensione, Maggie conosce Stephen, il quasi-fidanzato della cugina. Senza accorgersene, si innamora.
Non dell’affetto quieto, fraterno, che aveva avuto per Philip, ma di un sentimento che Maggie non sapeva neanche esistesse, e che la trova del tutto impreparata.
Tra Stephen e Maggie, non avviene niente. L’uomo, più esperto di sesso, dà più facilmente nome all’attrazione che sente per la bella, bruna cugina della docile Lucy. Ma è un uomo corretto, al massimo gode di dare la mano a Maggie per aiutarla a salire in barca, pensa che donne così non sono da sposare, ma sono una ricchezza piacevole per la società.
Le cose però non finiscono qui. I due cercano di non vedersi e nello stesso tempo fanno di tutto per vedersi.
Imbrogliano se stessi e imbrogliano gli altri.
Così, tra questi inghippi, ecco che si trovano a fare un giro in barca da soli lungo il fiume.
Maggie è inesperta dei luoghi, sa vagamente che devono tornare indietro all’altezza di un certo paese, ma non si accorge nemmeno che il paese è stato superato...
Il suo innamorato sì che se ne è accorto, ma ha lasciato che le cose andassero come stavano andando: la marea infatti sta portando la barca lontano, non si potrebbe ormai tornare indietro...
Un mercantile accoglie i due giovani e li conduce fino al porto: che la signora, che Stephen presenta come sua moglie, non prenda freddo!
Maggie è stanca di lottare contro i suoi sentimenti e quelli di lui, pare che anche la natura si sia messa dalla parte del loro amore.
Perché no? Perché non accogliere la felicità che la vita, inaspettatamente, le porge?
Però il giorno dopo, rinfrancata, lucida, Maggie si rende conto che non può andare via con Sthephen: tradire sua cugina, il suo amico Philip... no, sarebbe un amore bacato.
Lui cerca di convincerla che ormai quello che è fatto è fatto, che non può, dopo una notte passata con lui, tornare a casa. Ma lei non cede.
Il fratello, quando la vede, non la lascia neanche entrare in casa: vuole dimostrare ai concittadini che lui lo sa, quel che è bene e quel che è male. Per essere stimato, un uomo non deve solo lavorare: deve controllare anche il comportamento delle donne di famiglia.
Maggie si rifugia in una stanzetta in affitto. La madre le sta accanto.
Però Maggie è sfinita: troppe lotte, troppi fallimenti... sa di essere ancora giovane... gli anni da vivere le fanno paura.
Una notte, inginocchiata, sta pregando e sente che il pavimento è bagnato.
Capisce immediatamente: il fiume! Il fiume è straripato! Dà l’allarme a chi dorme e poi prende una barca e per la campagna allagata va verso il mulino.
In casa c’è solo Tom, che al vederla le si rivolge con il nomignolo dell’infanzia: Magsie!
Insieme tornano, sempre in barca, in città, per essere utili ai parenti, ai conoscenti.
Ma vengono travolti dall’alluvione: solo il tempo di abbracciarsi... spariscono.
Mentre veniamo a conoscenza, in parte lo sapevamo già ma adesso le informazioni sono dolorosamente precise, di quel che accade alle bambine, alle donne di ogni età in altri paesi del mondo, Il mulino sulla Floss ci mostra come questi atteggiamenti dittatoriali nei maschi venivano e vengono, in Europa, alimentati dalla famiglia.
L’ amore fra fratelli e sorelle si ammala di pensieri di disprezzo per le donne, che le vogliono docili ai comandi di chi vorrebbe “proteggerle” ma a modo suo, incurante di quello che le donne vogliono.
Giorno dopo giorno, Tom, senza botte, senza neanche sfiorare violenze da cronaca nera, avvelena l’amore verso la sorella. Tom esclude Maggie dai suoi successi, dalle sue gioie, visto che lei non è come lui la vuole. Si prova persino sollievo, alla morte di lei.
Sollievo per la morte di Maggie, ma anche sollievo perché l’autrice Anne Marie Evans, sotto lo pseudonimo di George Eliot, ha continuato a vivere. E ha testimoniato con passione e con una minuziosità degne di un’antropologa.
Elena Fogarolo
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Vedi anche, sullo stesso libro, la rilettura di Elena Fogarolo in Leggere Donna n.47, novembre-dicembre 1993.