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Fëdor Dostoevskij


L'idiota

Idiot (Идиот), 1869

Il libro in versione italiana è reperibile in varie edizioni ebook a partire da Euro 0,49. A partire da Euro 2,99 nelle edizioni (in genere più affidabili) delle case editrici più note


Mi permetto di scegliere, tra i principali protagonisti del romanzo, una prostituta: Nastassia Filippovna. Così lei si pensa e così pensa di lei tutto il mondo che la circonda.

Il fiume Neva a Pietroburgo
Il fiume Neva a Pietroburgo

Come è diventata una prostituta?

Nastassia, a dodici anni, è stata vista dal proprietario delle terre in cui viveva da bambina.

L’uomo è un esperto in materia: capisce immediatamente cosa verrà fuori da quel bocciolo.

Per cui la porta via dalla miseria in cui la bambina ha vissuto fino a quel momento, la fa alloggiare con comodità e anche eleganza, la fa istruire. Che tipo di istruzione? Che impari alcune cose e non altre, che sia deliziosamente ingenua per il divertimento e la sorpresa di colui che fruirà delle sue grazie.

Quando Nastassia ha sedici anni, l’uomo torna per cogliere il frutto del suo investimento.

La fanciulla è bellissima, forte di temperamento, appassionata. Il ricco padrone si ferma presso di lei uno o due mesi, poi torna in città. E così ogni anno.

In un solo aspetto le cose non sono andate come il padrone pensava: Nastassia non ha un pensiero “da biblioteca per le fanciulle”. E lui è infastidito dalla crudezza di alcune domande e anche di alcune risposte: dove ha trovato i libri per ragionare in tal modo?

Questo è l’antefatto.


All’inizio del romanzo Nastassia è, per il padrone, un oggetto capriccioso che non funziona più. Egli tenta di liberarsene dandola in sposa a un uomo di famiglia modesta ma onorata, per essere libero poi di fare un buon matrimonio e migliorare la propria posizione nel mondo. Ma il problema è: anche se c’è un uomo disposto, per soldi, a sposare Nastassia, come è possibile che la madre, la sorella di quest’uomo accettino una donna così svergognata?

Tutta la società, all’unisono, pensa che Nastassia sia una donna perduta. Poi arriva il principe idiota e le dice che no, che lei è del tutto innocente, che tutto è stato organizzato al di fuori, e contro, la sua volontà.

Nastassia si commuove all’udire queste parole, parole che ha sempre sognato di udire, ma ha interiorizzato talmente il senso di colpa, di indegnità, che pensa che il principe sia proprio fuori di testa. Lei si innamora di lui, ma sa che lo rovinerebbe presso la società se accettasse di sposarlo.

Per reazione va a fare baldoria con il figlio di un mercante, Rogozin, gli promette di sposarlo ma poi fugge, cerca il principe ma non ha pace, scappa anche dal principe e ricerca il fango a cui crede di essere destinata.


C’è tra il principe e Nastassia un tratto che li unisce: sono gli unici a pensare che Nastassia non è colpevole. Anche se la povera bellissima donna condivide i pregiudizi contro di lei, nel profondo sa di essere innocente.

Nella società del tempo, qualcuno si spingerà ad avere compassione per Nastassia, a vedere nel suo aguzzino il vero colpevole.

Però, malgrado ci siano molte scusanti per Nastassia, lei rimane una outsider, una paria, una donna perduta.

Basta assistere a una partita di calcio per sentire ancora oggi l’offesa più grande: “figlio di puttana”, sì, ancora oggi.

L’idiota, il principe Miskin, è un idiota, perché non condivide - tra altre cose - i pregiudizi del suo popolo su questa donna. E non è come un bambino: il principe sa cosa è la passione, ma si stupisce che si possa provarla per quell’essere ferito, dolorante fino alla pazzia, che è Nastassia.

Rogozin, l’uomo che adora Nastassia e ne è geloso, la picchia, e alla fine la uccide; per non perderla più.

E davanti a questo dramma il principe stavolta sì che ritorna a essere idiota, e per giunta irrecuperabile.


Ma ora parliamo dell’altra coprotagonista. Aglaia. Bellissima anche lei, e giovane; ma ricca, e pura. Ci sono dei libri in casa che le sono ancora vietati, non sa il significato di alcune parole, persino il principe ride di lei.

Lei, in risposta, si arrabbia come una bambina.

E’ il contraltare di Nastassia, secondo la società: Nastassia è la donna corrotta, mentre Aglaia è la fanciulla quasi sacra, che obbedisce ai genitori e alle sorelle maggiori, che legge i libri che le sono permessi, che quando dichiara di aver letto un libro proibito fa persino svenire la madre.

Deve rimanere vergine fisicamente e intellettualmente. Poi, come le sorelle maggiori, potrà leggere con più larghezza: quando si saprà che parlerà da donna adulta, tacendo quasi sempre e tenendosi molte cose per sé.


Il principe è innamorato di Aglaia? Un po’ forse sì, ma la preoccupazione per il destino di Nastassia al momento sembra non permettergli di interessarsi davvero a un’altra donna.

Quando Aglaia gli racconta di un suo progetto di fuggire di casa, lui si spaventa come un bigotto: Aglaia non sarebbe più la sua luce se prendesse un cammino equivoco, se perdesse la sua “totale purezza”.

Negli ultimi capitoli, il romanzo contiene tanti eventi straordinari da sembrare, in anticipo sui tempi, un polpettone hollywoodiano: il principe, a una festa dove dovrebbe dimostrare di essere un decente aspirante fidanzato per Aglaia, perde la testa per l’emozione, parla troppo e rompe anche un prezioso vaso cinese.

Le due ragazze, la prostituta e la pura, si incontrano. Hanno entrambe della vita una conoscenza molto ristretta: quella della prostituta è limitata alla sua vita di entraineuse e a qualche lettura; quella della fanciulla vergine, alla famiglia e – anche lei – a un po’ di letture.

Ognuna ha romanzato la vicenda dell’altra: Aglaia pensa, e dice sventatamente a Nastassia, che se il suo pentimento fosse sincero avrebbe lasciato il lusso e sarebbe andata a fare la lavandaia. Nastassia, colpita da questa frase crudele, accusa l’altra di non essere poi tanto bella né tanto buona. Invano il principe cerca di mettere pace, o almeno una tregua, tra le due.

Nastassia alla fine si tiene il principe, ricattandolo con una promessa di matrimonio che lui in realtà le aveva fatto tempo prima, e Aglaia se ne va comprensibilmente disperata.

Fervono i preparativi per il matrimonio ma il giorno delle nozze, già vestita da sposa, Nastassia fugge via con Rogozin, il mercante.

Il principe cerca entrambi e infine li trova. Passa la notte con il pseudo rivale a vegliare il cadavere di Nastassia, uccisa dall’altro.

La polizia trova i due uomini confusi, fuori di sé: il principe ricaduto nella malattia mentale, Rogozin con un’infiammazione al cervello.

Quando Rogozin sarà guarito, un processo lo condannerà a 15 anni in Siberia.

Ovvio che il principe non c’entra nulla con l’omicidio e un’anima buona raccoglie i soldi per rispedirlo in Svizzera, nella clinica dove un medico generoso l’aveva prima curato. Ma il medico adesso è pessimista.

Aglaia si sposa con un conte polacco, e viene irretita da un prete cattolico.


E tagliamo qui. Del resto anche Dostoevskij più o meno la taglia qui.

Si esce esausti da un libro in cui i personaggi maschili, giovani e vecchi, sani e moribondi, sembrano tutti soffrire di logorrea. Parlano e straparlano di tutto, con un pubblico femminile assolutamente zitto, che interviene con qualche parola per dire che è tardi, o per offrire qualcosa da bere, ecc.

Mi interessava seguire la “costruzione” delle due donne protagoniste. Una, costruita proprio ad hoc per il piacere del suo padrone; l’altra costruita come tutte le ragazze da marito, con una miscela di ignoranza e conoscenza, ma anche lei come futuro balocco di un uomo. Però solo la seconda donna ha, secondo norme non scritte della società, il diritto di partecipare a feste, frequentare altre case, essere insomma una donna rispettata.

Come penso sia accaduto a molte bambine, quando da piccola udivo l’espressione “donna perduta” mi chiedevo: ma dove si sarà perduta? E nessuno è andato a cercarla? L’essere perduto, era qualcosa che mi sembrava richiedesse una ricerca attiva, soprattutto nel caso di un oggetto di valore... e cosa più importante di una donna?

Una volta mi si rispose che le donne perdute “andavano in città”. Quindi c’erano molte donne perdute, le città sono grandi, ma non si poteva cercarle anche lì, quelle creature perdute? Se il pastore lascia le pecore all’ovile per cercare la pecorella smarrita... perché c’era quell’immobile indifferenza verso le donne perdute?

Elena Fogarolo

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