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Clementina Rabuffetti

Terrorismo ecografico

Riflessioni sulle gravidanze “moderne”

Da Miopia n.33, febbraio 1999

Clementina Rabuffetti è omeopata ed esercita in Berlino, anche con pubblico di lingua italiana.     (Berliner Str. 140, 10715 Berlin–Wilmersdorf - Telefono (0049)030-7813904

Quando una donna va dalla ginecologa o dal ginecologo perché è incinta, si sente proporre esami e visite a ritmo serrato; controlli regolari per scoprire subito eventuali disturbi o malformazioni, medicinali inutili e spesso dannosi (come lo iodio).

Nel mio lavoro di omeopata ho spesso a che fare con donne incinte che cercano altre vie, vogliono evitare esami inutili; rifiutano di lasciarsi terrorizzare con l’elenco dei mali possibili, insomma vogliono vivere la gravidanza e il parto in modo “naturale”. Allora consiglio loro di contattare un’ostetrica specializzata nel seguire le gravidanze alla vecchia maniera, che però sia anche consapevole degli sviluppi della medicina, una in grado di seguire un parto in casa se lo si desidera e soprattutto in grado di stabilire un contatto profondo con i futuri genitori.

Se ci sono disturbi, invece di assumere l’atteggiamento fatalista dei medici (“Lei non può prendere medicine, signora, deve aspettare che passi”), posso intervenire con l'omeopatia classica, che oltre che alla futura mamma fa bene anche al bambino e, senza causare effetti collaterali, risolve i disturbi della gravidanza. Se praticata da una persona esperta, aiuta a curate molti dei problemi gravi.

Purtroppo la medicalizzazione dei processi femminili, dalle mestruazioni alla menopausa, ha cambiato anche la gravidanza, ne ha trasformato le speranze, il senso, il decorso.

Molti pensano che i rischi del passato oggi non esistano più perché il progresso in campo medico li previene o li elimina. In realtà molti dei rischi e delle complicazioni di una volta dipendevano da scarse condizioni igieniche, da un cattivo stato di salute, malnutrizione, lavoro pesante. Con l’aumento del benessere nel mondo occidentale sono caduti tanti fattori di rischio. Ma la medicina maschile continua a vedere la gravidanza come una specie di malattia, come un periodo ad alto rischio, anche se l’Organizzazione Mondiale della Sanità è arrivata alla conclusione che “nei paesi europei ogni gravidanza va considerata normale, fino a che non insorgono complicazioni”.

Da quando i medici hanno cominciato a decidere che cosa va bene e che cosa non va bene per una donna incinta, molte donne hanno perso la capacità di entrare in contatto con il proprio corpo e con il proprio bambino.

Negli studi medici (tranne che in rare eccezioni) nessuno si occupa dei cambiamenti che avvengono a livello emozionale; nessuno segue le donne incinte nei momenti di insicurezza, instabilità e paura. Spesso mancano anche i contatti tradizionali con mamme, nonne e zie, con cui si possa parlare di emozioni, paure e speranze. La medicina ufficiale dimentica che la gravidanza è un periodo non solo di cambiamenti fisici ma anche psichici e riduce tutto a una serie di dati oggettivi (visita, pressione, ecografia, analisi, ecc.).

“Ogni volta che vado dal ginecologo, - mi racconta una paziente al settimo mese, - mi sento considerata solo in base alle ultime analisi: con L'ostetrica mi trovo molto meglio, con lei posso parlare!”. “Quando gli ho detto che non volevo fare una seconda ecografia perché è dannosa, il medico si è arrabbiato moltissimo e mi ha elencato tutti i rischi possibili in gravidanza” - riferisce un’altra donna.

Il fatto di insistere sui possibili rischi ha effetti deleteri a livello emozionale e provoca spesso problemi anche sul piano flsico. Le doglie anticipate non si calmano di certo se una poveretta sta attaccata per ore a un apparecchio e teme per la salute del bambino. Invece di ripetere quotidianamente l’esame di controllo, bisognerebbe parlare con questa donna, capire perché è entrata in una situazione di stress tanto forte da anticipare le doglie. Per intenderci meglio vi racconto una mia esperienza. Qualche mese fa e venuta a consultarmi una giovane donna all'inizio dell’ottavo mese con la diagnosi di “doglie anticipate”. “Mia sorella è stata all’ospedale tre settimane, era molto grave, andavo da lei due volte al giorno”, nel raccontarmi questo piangeva. Il dispiacere per la malattia della sorella e il timore di perderla avevano indebolito la sua forza vitale al punto che l’organismo non rispettava più i ritmi naturali. “Vado tutti i giorni dalla ginecologa per farmi controllare, devo aspettare un’ora o due ogni mattina”, mi diceva con aria triste, l’aria di chi passa le ore tra ospedali, medici e sale d’attesa. Per fortuna c’era l’omeopatia classica ad aiutare questa signora. Le ho prescritto un rimedio che tenesse conto della causa dei suoi disturbi, cioè del dispiacere, e che inoltre fosse indicato per una serie di sintomi presenti in quel momento. Nel giro di mezza giornata le doglie si sono calmate e poi hanno smesso, la signora ha smesso di piangere per la sorella e ha partorito al momento giusto e senza problemi un bel bambino sano e tranquillo.

Quando parlo di esami inutili, mi riferisco alla pretesa della scienza ufficiale di risolvere tutto facendo accertamenti su accertamenti. In realtà la medicina non ha una cura per la maggior parte dei disturbi della gravidanza, né può garantire la salute della mamma e del bambino facendo controlli a tappeto. Inoltre le gravidanze a rischio sono pochissime, ma si può guadagnare molto dichiarandone arischio più della metà, come avviene per esempio in Germania. Lo strumento diagnostico più usato oggi in Europa durante la gravidanza è l’ecografia.Il rapporto col bambino una volta cominciava quando lo si sentiva crescere, gli si parlava, lo si ascoltava. Oggi comincia con lo schermo dell’ecografia, con un enorme ingrandimento di un esserino di pochi millimetri.

L’ecografia fu introdotta negli anni ‘60 con lo scopo di scoprire il più presto possibile eventuali malformazioni del feto; oggi è diventata un esame molto frequente. Per esempio in Germania è prevista due volte nel corso della gravidanza, ma basta il sospetto che qualcosa non vada bene per praticarla ogni mese, anche se la donna si sente benissimo. In alcuni paesi (USA, Inghilterra, Norvegia, Svezia e Danimarca) i medici sono molto cauti con l’ecografia perché non è stato provato che sia del tutto innocua. Basti pensare all’esperienza con i raggi X: ci sono voluti cinquantanni per dimostrare che erano dannosi per le donne incinte, e non solo per loro.

Gli ultrasuoni di cui si serve l’ecografia producono due effetti: calore e formazione di bollicine, come se il liquido amniotico cominciasse a bollire. Gli ultrasuoni di cui si servono i sottomarini possono uccidere interi branchi di pesci.

La dottoressa Dooren Liebeskind (Albert Einstein College of Medicine, USA) ha notato che gli ultrasuoni possono produrre cambiamenti nella struttura della cellula, della sua mobilità e della sintesi del DNA. Inoltre non ha escluso la possibilità di un effetto cancerogeno, cosa che viene condivisa dal Prof. Blum, pediatra alla Columbia University.

I dati raccolti dalla dottoressa Liebeskind mostrano che i bambini che hanno subito molte ecografie durante la gravidanza possono avere disturbi del comportamento e della concentrazione, riduzione dell’intelligenza, anomalie nei riflessi nervosi e disturbi di fegato. Si presume che nel feto possano insorgere danni a testa, cuore, torso, scheletro e midollo spinale e che il sistema nervoso si sviluppi più lentamente. In Giappone l'ecografia in gravidanza non si fa più di routine, ma solo nei casi gravi. Inoltre l’ecografia ci viene venduta come se fosse la soluzione a tutti i problemi, la si vanta come mezzo per scoprire una malformazione molto presto. Ma nella realtà che succede? La maggior pane delle volte si tratta solo di un sospetto di malformazione; questo però produce angosce, paure, doglie anticipate, crisi strazianti. Spesso si tratta di un’interpretazione sballata, affrettata, che però serve a mettere in moto una macchina diagnostica molto costosa. E chi parla con la donna, la ascolta, la rassicura? La maggior parte delle donne incinte comincia a stare male nel momento in cui diventa un “caso”.

Se poi la malformazione esiste davvero, la cura non esiste proprio; la medicina scuote la testa e dice “Signora, ci dispiace moltissimo di comunicarle questo risultato”. Non è nemmeno vero quello che la scienza vuole farci credere, e cioè che grazie alla diagnosi precoce sia diminuito il numero dei portatori di handicap. Non è per niente così: la maggior parte dei bambini handicappati non lo è per motivi genetici che potevano essere scoperti per tempo, ma lo diventa per via di complicazioni durante o dopo il parto. Naturalmente ritengo che l’ecografia come pure tutti gli strumenti diagnostici sia un enorme aiuto in quelle situazioni in cui è necessario “vederci chiaro”.

Sulla gravidanza vista da un punto di vista “alternativo” si potrebbe scrivere un libro e più di uno. Questo è solo un articolo che non può toccare tutti gli aspetti e vuole essere principalmente uno stimolo, un invito a pensare, a leggere, a guardarsi intomo, per poi agire forse in modo nuovo.

Clementina Rabuffetti

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